Anniversario don Luigi Giussani

Chiesa parrocchiale di Mas
16-02-2020

Sir 15,16-21; Sal 118 (119); 1Cor 2,6-10; Mt 5,17-37

«Domandiamo allo Spirito che l’incontro con Cristo diventi sempre più l’orizzonte totale della nostra vita e la forma vera di ogni rapporto»: così conclude l’intenzione di preghiera della vostra Fraternità per l’anniversario della morte di don Luigi Giussani.

Domenica scorsa nel Vangelo che precede il brano odierno, Gesù si era azzardato dire che noi possiamo essere “il sale della terra” e, con un’altra immagine, “la luce del mondo”. Ci avvertiva, però, che il sale può perdere il sapore e, quindi, non potrà che essere gettato via e calpestato… Anche la luce se viene coperta non serve più.

Oggi la sua parola, come dice Paolo nella seconda lettura proclamata, riguarda la «sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta». Poco oltre Paolo dice che a sovraintendere ad essa vi è lo Spirito che «conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio».

Ciò che è scritto nell’intenzione della Fraternità – «l’incontro con Cristo diventi sempre più l’orizzonte totale della nostra vita» – non è un automatismo, tantomeno si raggiunge con una formale esecuzione della legge. Nel Vangelo di oggi Gesù dice ai discepoli: «Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli».

Non dimentichiamo che le parole di apertura di questo capitolo V sono le Beatitudini.

Gesù che cosa vuole dire a noi suoi discepoli ripercorrendo «la Legge e i Profeti» e facendoci superare una forma di giustizia – dunque di adempimento della Legge e di quanto indicato dai profeti – forma di giustizia che attribuisce agli scribi e ai farisei?

Penso che Gesù definendo la sua missione come un dare compimento, presenti se stesso come decisiva novità per la nostra vita. Dietro le formulazioni dei comandamenti che Gesù riprende e rilancia, vi è il rapporto vivo con i suoi discepoli che Gesù sta sperimentando e sta caratterizzando.

Ci avverte Paolo: «Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta [la sapienza di Dio]; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria».

Si tratta dell’esperienza insostituibile dell’essere amati e liberati da Lui, per una dinamica di riconciliazione, di ospitalità vicendevole, di fraternità radicale e universale.

Per portarci verso il compimento della Legge e dei Profeti, Gesù ci consegna questa coraggiosa parabola: «Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono».

Don Luigi Giussani, commentando questa pagina di Vangelo in La convenienza umana della fede (pp. 67-68), scrive:

«La natura della moralità è questa affezione senza sosta, senza tregua, è questa affezione che cerca di alimentarsi nello sguardo, nella conoscenza – “Affrettiamoci a conoscere il Signore” -, che si alimenta come ricerca del volto del Signore, che si esprime e si alimenta nello stesso tempo come domanda, come grido, come mendicanza del Signore. Mendicanza del Signore! Quante volte abbiamo compiuto questo gesto supremo di gratuità? Perché il gesto supremo di gratuità è mendicare Cristo, è mendicare il Signore nella nostra vita. Non la ricerca della perfezione – perché questa è miracolo di Dio: a noi è impossibile, ma a Dio tutto è possibile -, ma mendicare che Cristo venga, che Dio venga. È la prima preghiera dei cristiani che ci sia stata tramandata: Maranatha , “Vieni, Signore”, quella con cui si conclude tutta la Bibbia, con cui si conclude l’Apocalisse».