Celebrazione della Riconciliazione Pasquale

Cattedrale di Belluno
07-04-2020

Gv 12,1-11; Gv 13,21-38

Mi sto chiedendo, in questi giorni, cosa il Signore stia predisponendo per noi. Forse ci sta immettendo su nuove strade? È possibile.

Siamo qui ora con la sua Parola. Il profeta Isaia riporta questa promessa di Dio: «Così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,11). Non possiamo pensare che la Parola di Dio sia congelata. Neppure che la Pasqua di Gesù sia archiviata. Eccoci qui!

I due racconti del Vangelo di Giovanni fanno diventare le nostre abitazioni innanzitutto la casa di Betania, con il profumo in eccesso del nardo sparso da Maria e, poi, ci ospitano a mensa lì dove c’è Gesù «con i suoi», prima della festa di Pasqua. Mi colpisce tantissimo il fatto che nelle due scene è in primissimo piano Gesù. Tutto sembra rivolgersi a lui. Maria cosparge i suoi piedi di tanto nardo puro e profumato. Nel secondo racconto anche noi come l’evangelista siamo molto turbati delle situazioni di tradimento in cui ci siamo imbattuti, a volte stando da una parte, a volte dall’altra. È un racconto intensissimo dove si scontrano due forze: quella che sfocia nel male dell’ingiusta condanna e si fa strada attraverso il cinismo del calcolo interessato e quella dell’amore che cerca, che si turba, che si china sul petto di Gesù, che sente la propria fragilità e si confida.

Ma c’è anche l’impeto di Pietro, la sua sicurezza, la sua forza che poi conosceranno il proprio fallimento. Ma nessuno è abbandonato alla sola forza del male.

Ed ecco un pensiero e una strada da percorrere. Siamo fatti di energie buone e, nello stesso tempo, attraversati da forze negative che a volte ci conducono dalla parte sbagliata.

Permettete di ritornare su un versetto del cantico di Isaia pregato stamattina nelle lodi. Ogni volta che mi imbatto con esso, mi sorprendo. A volte sembro non essere convinto di ciò che lì si dice. È strepitoso: «Tu hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, perché ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati» (Is 38,17). I racconti del Vangelo che abbiamo ascoltato attestano che il Dio di Gesù si è gettato dietro le spalle tutti i nostri peccati, tutto il male scatenato, quello subito e quello prodotto. Ma Dio non è il misuratore di ciò che abbiamo sbagliato, il cinico calcolatore dei nostri peccati. Dio è raccontabile da ciò che abbiamo ascoltato dalle due testimonianze all’inizio di questa preghiera. È rintracciabile anche in queste settimane in cui ci siamo trovati sospesi e disorientati e anche lì dove c’è stata sofferenza, fatica e morte. Dio si lascia dire dalla tenerezza di Maria di Betania che profuma e abbellisce i piedi di Gesù. È in quella cena dove conta apprendere l’arte di lavare i piedi. Notate la corrispondenza: Gesù riceve quel segno da Maria di Betania e poi lo moltiplicherà, poco dopo, nella Cena con i discepoli dove sceglie di dare la vita.

Dio si impasta nella nostra storia: cerca il bene e ci crede all’estremo, suscita l’amore, coglie e incoraggia ogni possibilità di vita, si offre nei poveri («I poveri infatti li avete sempre con voi»), riscatta ogni frammento, guarisce i cuori («In verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte»). E dove risulta impossibile si butta lui a capofitto. Ecco il racconto della passione di Gesù: dalla nostra parte fino all’estremo e oltre.

Siamo in preghiera, raccolti nelle nostre case, perché ci fidiamo di questa storia di bene, di vita, di salvezza. Il nostro chiedere perdono dei peccati è volere la vita come è voluta da Dio, è cogliere il suo profumo, quel nardo che si diffonde e che Gesù riversa sui nostri piedi: «Come io ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri».

In questi giorni così compromessi, inspiegabili per ciò che si è sviluppato in tutto il mondo, noi cercheremo di fare Pasqua, di viverla come possiamo: nelle nostre “case di Betania” o rinchiusi come Gesù e i discepoli nel cenacolo. Ma ciò che conta è non rinunciare al bene che anche in questi giorni – come ci è stato testimoniato – non è mancato, anzi si è manifestato con coraggio e passione. E resta come sua promessa, come il suo Regno.

Se oggi noi confessiamo i nostri peccati e lasciamo che Dio ci riconcili e deponga ancora tanto seme di pace nella nostra vita, è perché cogliamo la bellezza di ricominciare insieme, di fidarci ancora dell’affidabilità di Gesù, di tessere i fili delle nostre comunità perché ci sia più vita ovunque, di affidarci gli uni agli altri per il bene che riguarda tutti.