Ci ha portati a Pasqua

Omelia nella celebrazione dell’Eucaristia in suffragio di papa Francesco - Cattedrale
23-04-2025

At 3,1-10; dal Sal 104; Lc 24,13-35

La Liturgia ci fa celebrare la Pasqua di Risurrezione in questa Ottava. Ci ha turbato molto la morte di papa Francesco, ma lui ci ha lasciati nel cuore della celebrazione pasquale, quando è più esplicito l’annuncio della risurrezione di Gesù.

Come se la flebile e sospirata voce di Francesco, che abbiamo sentito domenica scorsa a mezzogiorno, sia immediatamente diventata il canto che abbiamo poc’anzi fatto: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo».

Mi chiedevo oggi: ma dove ha inteso accompagnarci e condurci Francesco nel suo ultimo viaggio? Ci ha portati a Pasqua. Questa è la “Gioia del Vangelo” (Evangelii Gaudium) che lui ha voluto consegnarci e donare a tutti: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (EG 1).

Quanto avvenuto a Emmaus, la sera di quel primo giorno della settimana, sembra un riflesso di ciò di cui viveva Francesco. Ci ha sollecitato – spesso con una certa terapia d’urto – a uscire, a metterci in cammino, a lasciarci affiancare fino a farci contaminare da chi si incontra lungo la strada. Per lui sempre questo era incontrare e riconoscere il Risorto. Non si è mai spento in lui il fuoco della Pasqua.

In questi giorni abbiamo ascoltato e raccolto, fino alla commozione, un’infinità di racconti da una moltitudine di donne e uomini, di ogni età e situazione di vita, dai più piccoli ai più anziani: racconti che scaturivano dall’umanità e dall’affabilità di Francesco, da un suo sguardo di tenerezza e di misericordia, da un suo tocco di leggerezza o da una sua carezza di consolazione. Molti hanno raccolto le sue parole che avevano lo spessore della sincerità e dell’amore, come anche le sue immagini, a volte imbarazzanti, ma che colpivano nel segno.

In questi giorni, mentre salutiamo Francesco, i racconti evangelici ci narrano di discepoli che faticano a riconoscere il loro Signore.

Il Risorto ha voluto incoraggiare una Chiesa che a volte rischia di sfiduciarsi, di prendere le misure e di fare dei distinguo fino a scoraggiare.

L’ondata di commozione e di gratitudine dell’ultimo viaggio di Francesco è un racconto pasquale. Potremmo rileggere i fatti narrati dagli Atti degli Apostoli, che abbiamo ascoltato. C’è un uomo con le sue infermità presso la porta del Tempio. Francesco ha insistentemente chiesto che la porta della Chiesa resti sempre aperta. L’uomo chiede aiuto. Fissando lo sguardo su di lui «Pietro – ossia Francesco – gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!”. Lo prese per la mano destra e lo sollevò».

Ecco come Francesco ha vissuto tra noi, donandoci il Risorto, la gioia del Vangelo. Quando venne eletto e scelse il nome Francesco, il confratello cardinale brasiliano che aveva accanto gli aveva suggerito all’orecchio: «Ricordati dei poveri». Di riflesso Francesco alla Chiesa ha svelato che la gioia più grande viene dal Risorto tramite loro.

Così ci ha aiutati a ritrovare Dio, qualora l’avessimo perduto. Potremmo dire che ha evangelizzato Dio, in quanto l’ha fatto diventare una “buona e bella notizia” per la nostra umanità.

Nelle fragilità e nelle oscurità della storia, Francesco ci ha aiutati ad amare il mondo per rendere anch’esso una “buona notizia” da costruire insieme, poiché «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). La passione per la pace tra tutti i Popoli e il sogno della fraternità e dell’amicizia sociale, hanno in Francesco questa radice: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Per Francesco anche il mondo e questa umanità sono Vangelo, “una buona e bella notizia”. Quanta passione – con la necessaria preoccupazione – ci ha mostrato e poi trasmesso per abitare con rispetto e amore la terra, l’universo, l’ambiente, la natura, la “Casa comune”.

Alla Chiesa ha chiesto di diventare lieta, serena, sorridente, aperta, non arrabbiata, come abbiamo ascoltato all’inizio. L’ha detto particolarmente a noi il giorno della beatificazione di papa Luciani.

Ora prega per noi, Francesco!