Dio ci viene incontro nelle cose che servono alla vita

Solennità del Corpo e Sangue del Signore - Cattedrale di Belluno
19-06-2022

Gn 14,18-20; Sal 109 (110); 1 Cor 11,23-26; Lc 9,11b-17

Questa solennità del Corpo e Sangue di Cristo viene come in appendice al lungo tirocinio della Pasqua, quando abbiamo cantato l’alleluia della risurrezione per cinquanta giorni, fino a lasciarci sorprendere dalla Pentecoste, dal dono dello Spirito che Gesù aveva promesso come frutto del suo tornare al Padre. Domenica scorsa, poi, abbiamo innalzato il nostro sguardo su Dio che abbiamo chiamato “Trinità” perché è un’immensa storia d’amore che Gesù ci ha comunicato raccontandoci il volto buono e misericordioso del Padre e preannunciandoci la pazienza dello Spirito Santo che ci è accanto – “Paraclito” – per sostenerci e «rinnovare il volto della terra». Celebrando il mistero della Trinità abbiamo dichiarato così nel salmo responsoriale: «O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!».

Ed eccoci qui, questa sera, con un pezzo di pane spezzato tra le nostre mani e con un po’ di vino versato nel calice dell’alleanza.

Dio è così: ci viene incontro nelle cose più semplici che servono alla nostra vita. Lui stesso le ama, le sovraccarica di valore. Sa che contano per noi. E Lui si coinvolge in questo modo nel nostro vivere.

Nella prima lettura, così breve ma anche così intensa, c’è un po’ di pane e un po’ di vino. Siamo agli inizi della vicenda del popolo di Dio. Siamo al tempo del padre Abramo, «amico di Dio», come dirà poi il libro della Sapienza. Il re di Salem, Melchìsedek, svolgendo un compito sacerdotale, offre pane e vino e benedice Abramo. Pane e vino offerti sono un rito antico: portano la benedizione di Dio. Ogni creatura è anche “benedizione di Dio”. Noi stasera porteremo un po’ di pane lungo un percorso di questa nostra Città: è la benedizione di Dio! Papa Francesco ci ha invitati in Evangelii Gaudium a «riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze». Il Papa si premura a dirci: «Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso» (n.71).

E poi abbiamo raccolto da Paolo, l’apostolo delle genti, ciò che lui ha ricevuto dal Signore. Che cosa? Non certo grandi dottrine o mirabili visioni, ma il pane che Gesù ha preso tra le sue mani, il vino che ha versato nel calice. Era la notte in cui Gesù veniva tradito, in cui i discepoli stessi hanno sentito venir meno la loro fedeltà al Maestro. Mentre avviene il buio di tale tradimento, Gesù fa un gesto d’amore e dona una confidenza d’amore. Quei gesti e quelle parole d’amore a noi vengono trasmessi, donati. Sono la forza con cui rialzarci. E sono il dono di fede che custodiamo. Stasera intendiamo trasmettere l’amore di quella notte camminando sulle nostre strade.

Per ultimo, dalla scena del Vangelo accogliamo l’imprevedibile a cui Gesù ci conduce, sconvolgendo i nostri pensieri. Noi gli diciamo: «Ma Signore, c’è il deserto attorno a noi… è tardi, non abbiamo più niente… abbiamo perso quasi tutto… lasciamo andare e abbandoniamo questa gente…». Ed ecco come Lui, invece, cambia tutto del nostro pensare e operare: «Voi stessi date loro da mangiare». C’è un’eccedenza nel suo voler bene a questo mondo che ancora noi esitiamo a cogliere, di cui nutrirci e ancor più da dare a tutti in benedizione.