Il Signore rivolga a te il suo volto

Omelia di inizio anno civile nella solennità Maria Madre di Dio - Cattedrale e concattedrale
01-01-2019

 Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

«Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».

Sono parole “antiche”, vengono da lontano. Il libro dei Numeri racconta di Mosè e delle sue fatiche nel dare forma al Popolo dell’Alleanza con Dio. Questo libro racconta una vicenda travagliata, con rovinose cadute, ma accompagnata da una fedeltà – quella di Dio – mai venuta meno: una fedeltà che ha rigenerato un popolo di abbandonati e dispersi!

Intendiamo riceverlo anche noi questo augurio che ci giunge come una benedizione: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace».

Lo poniamo accanto alla ferma e decisa constatazione che l’apostolo Paolo ha fatto ai Galati. Questa parola giunge anche a noi a indicare la nostra identità più profonda e a tradursi in un appello, una chiamata a diventare ciò che ognuno di noi è: «Non sei più schiavo, ma figlio».

Evoca quanto rivelato da Dio nel momento in cui Gesù viene battezzato da Giovanni nel Giordano: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Ci ricorda, poi, la testimonianza di Gesù stesso, riportata nel quarto Vangelo: «Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre» (Gv 8,35).

Siamo figli per questo il dono della libertà disegna la nostra vita, ne costituisce l’autentica dignità.

Questo è il volto di Dio rivolto a ogni uomo e a ogni donna. Qui ci è “concessa” la pace.

Comprendiamo che quanto abbiamo appena compiuto – la marcia della pace in questa 52a Giornata mondiale della Pace – non è l’azione di un gruppo di “pacifisti” che si permettono di perdere del loro tempo e di manifestare. Indica piuttosto il difficile viaggio della vita, della vita di noi come popolo, come umanità, come storia, come creato.

La libertà e la pace sono proprie dei figli. Tutti – davvero tutti! – siamo dati a questo mondo come “figli”.

Far sì che le nostre comunità siano comunità di “figli liberi e impegnati nella pace” è il fine che nel suo messaggio Papa Francesco evidenzia con un titolo che sembra parziale, in realtà ci riguarda tutti: La buona politica è al servizio della pace.

Mi pare fondamentale come il Papa si rivolga a tutti sollecitando un universale coinvolgimento:

«Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione

che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali».

Ed ecco una sua conclusione che facciamo diventare preghiera in questo luogo, in questa celebrazione, ma anche promessa di fraternità tra noi, a partire da questo nostro territorio:

«La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:

  • la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;
  • la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente… osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;
  • la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire».

Anche la celebrazione di Maria definita “madre di Dio”, in questo ottavo giorno dal Natale di Gesù, ci sollecita a diventare figli nella libertà e nella pace!