Nelle esequie di don Vittorio Dalla Torre

Omelia nella Concattedrale di Feltre
06-12-2018

Is 11,1-10; Sal 71; Lc 10,21-24

«Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra».

Questa profezia di Isaia evoca il simbolo del monte che in questi giorni la Parola di Dio ci descrive come il luogo santo in cui convergono i popoli e dove Dio intende manifestarsi. Don Vittorio proviene dall’altopiano di Sovramonte. Immaginiamo che queste parole di fede le abbia robustamente portate nel suo cuore, custodite nella sua intrepida tempra.

Don Vittorio ha raggiunto il monte santo all’inizio di questo tempo di Avvento. La sua attesa è maturata fino al punto di diventare consegna totale della vita.

Ci piace accostare il lungo vivere di don Vittorio a quel “tronco di Iesse” di cui ci ha parlato Isaia. Negli ultimi mesi l’abbiamo visto assottigliarsi nell’inesorabile consumazione degli anni. Alterne situazioni di malattia sono state per don Vittorio come delle intemperie che si sono abbattute su quel tronco di Iesse, che non voleva vacillare. Nelle diverse fasi di infermità, dall’ospedale di Feltre, dalla Casa di soggiorno di Meano fino alla Casa Kolbe, egli ha lottato. Ed ecco, sollecitati dall’immagine biblica, possiamo cogliere che in quel tronco è spuntato “un germoglio”, anzi un virgulto dalle sue stesse radici. Vi riconosciamo ciò per cui don Vittorio ha vissuto, ha corrisposto alla chiamata al ministero, ha annunciato con la sua vibrante parola, ha cantato con la sua solida voce: il Signore Gesù.

Nel mio primo incontro che ebbi con lui nella parrocchia di Farra, dove ha svolto il suo più lungo ministero, don Vittorio mi donò un libretto con tante citazioni, la maggior parte in latino, per la meditazione di noi preti: Haec meditare… Fu una consegna di premura e attenzione, fatta con determinazione. Colsi nel suo gesto qualcosa che gli veniva spontaneo: ammaestrare, offrire un insegnamento di vita.

Leggo un passaggio che mi ha colpito e penso a don Vittorio come al “tronco su cui è spuntato il germoglio”: «Lui solo, Gesù, è la vita […] Gesù dev’essere e vuol essere vita delle tue opere».

Immagino che queste parole siano il “cuore” della sua esperienza di vita e di ministero.

Il Vangelo, che ha illuminato il giorno del suo transito dal pellegrinaggio terreno alla Casa del Padre, racconta la gioia di Gesù che si rivolge al «Signore del cielo e della terra» per rendergli lode. Affabilmente lo chiama “Padre”. È il Dio che ha rivelato ai piccoli la sua benevolenza. Gesù partecipa questa intimità con il Padre a chi egli vuole.

Don Vittorio ha abitato questo rapporto e mistero d’amore, soprattutto nella Liturgia a cui tanto ci teneva. Con l’entusiasmo e l’energia del suo ministero egli ha accompagnato laici e confratelli nella loro crescita in Cristo.

Non esitiamo a compiere con voi familiari, con i parrocchiani, con il vescovo Giuseppe e i confratelli presbiteri un atto di gratitudine a don Vittorio, riconoscendo nelle stesse parole di Isaia una testimonianza sulla sua persona: «Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore».

Molti ricordi uscivano dal suo parlare quando lo si incontrava. Si percepiva che aveva vissuto intensamente. Si coglieva anche un atteggiamento di soddisfazione per quanto fatto.

Ora noi poniamo questo nostro fratello presbitero nella beatitudine pronunciata da Gesù «ai discepoli, in disparte»: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate… e ascoltare ciò che voi ascoltate…». Partecipi di questa eucaristia anche a noi sono donate queste parole di risurrezione e di vita.