Is 61,1-3a.6a.8b-9; Sal 88 (89); 1 Gv 1,5-8; Lc 4,16-21
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
“Oggi” è un’affermazione di Gesù che non può lasciarci indifferenti. Significa “tu”, così come sei. È anche il “noi” che siamo qui. In questo tempo, con gli anni e gli eventi già vissuti. È questa nostra ora. Se ci guardiamo attorno siamo circondati da tanti volti conosciuti. I nostri sguardi si incrociano in questo luogo: sono il tempo presente che viviamo.
L’evangelista Luca descrive il venire di Gesù e precisa: «a Nazareth, dove era cresciuto». Anche questo particolare ci riporta alle nostre situazioni di vita, dove anche noi siamo cresciuti e dove si svolge il nostro operare, a fianco delle persone che costituiscono l’intreccio del nostro vivere.
Il dono di Dio è nell’“oggi” annunciato da Gesù. Questo è tempo in cui si compie la Scrittura.
Carissimi confratelli presbiteri e diaconi, mi chiedo se stiamo accogliendo quest’“oggi” dichiarato da Gesù e se alimentiamo in noi la gioia di esserci. L’evangelista narra: «Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui». Puntare lo sguardo su Gesù comporta che ci apriamo all’“oggi” che egli ci dà e a cui ci affida.
Nella Veglia pasquale il cero pasquale porterà iscritto l’anno 2019, «a significare – come scrive Goffredo Boselli – che il mistero pasquale e il realissimo tempo che viviamo si appartengo a vicenda fino a iscriversi l’uno nell’altro. Ma significa anche che i cristiani che celebrano la Pasqua sono credenti di oggi, non di ieri o di domani, completamente immersi nel loro tempo».
Forse ci dobbiamo aiutare maggiormente a riguardo, come credenti di oggi, ministri ordinati di oggi.
Al presbiterio di questa nostra Chiesa, in questa celebrazione della Messa del Crisma è chiesto di rinnovare le promesse manifestate nell’ordinazione presbiterale. Il gesto di libertà, di fiducia e di obbedienza che compiremo si colloca in questo tempo e ci chiede di affezionarci di più ad esso, non tanto perché ci piace, ma perché custodisce il lievito e il sale del Vangelo di Gesù: è «l’anno di grazia del Signore».
L’ “oggi” di Gesù scioglie le nostre paure, le nostre reticenze e allevia le nostre nostalgie. Sembra indurci a scoprire, a riconoscere e a prenderci in carico la novità sempre disponibile del “lieto annuncio da portare ai poveri”.
Gesù Cristo – come professa il libro dell’Apocalisse – è il testimone fedele, il primogenito dei morti. È detto che viene e che «ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero; per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto».
In questo tempo difficile, dove sembriamo in perdita, l’“oggi” di Dio che si compie in Gesù tocca, sollecita e rialza la nostra debolezza. Per Isaia colui che Dio ha consacrato con l’unzione è mandato «a fasciare le piaghe dei cuori spezzati». Si può sentire il cuore spezzato in noi stessi, ma anche nei rapporti con i confratelli e nelle nostre comunità. A volte anche con Dio. L’unzione, a cui si riferisce Isaia e che Gesù riconosce in sé ci è donata oggi come guarigione del cuore, è sguardo di attesa e di fiducia, è gesto di cura, è ricerca di gioia, è condivisione di vita. Essa è anche una fraternità sempre da ricostruire e rigenerare.
Non temiamo, dunque: la Parola di Gesù dissoda, purifica, lava, feconda e rigenera la nostra carne di oggi, il nostro pane e il nostro vino che portiamo sulla mensa eucaristica: «Egli ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati».
È l’“oggi” di Gesù a sostenere le nostre promesse essendo lui il «testimone fedele».
In esse manifestiamo innanzitutto il dono di essere presbiterio tra le nostre comunità ecclesiali e non “solitari eroi”, consapevoli della transizione di vita cristiana che sta avvenendo in esse e in ciascuno di noi.
In Isaia c’è una triplice immagine che potrebbe mostrare come coinvolgerci nell’“oggi” indicato da Gesù: dare e darci «una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto».
È un’immagine efficace con cui arricchire il triplice “sì, lo voglio” che ora pronunceremo.
Facciamoci dono di diventare “corona”, “olio di letizia”, “veste di lode”, gli uni per gli altri, oggi, per l’unzione con cui lo Spirito del Signore ci ha consacrato.