A cura di don Alessandro Coletti (32ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Dare tutto a Colui che dà senso a tutto

Dio è carità, ma a Dio non si fa la carità: non possiamo dargli i ritagli della nostra vita

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C’è un modo di dire che mi pare sia un buon commento alle letture di oggi: “Il bene lo si compie con le chiacchiere dei ricchi e i soldi dei poveri”. Ed è vero… tante volte succede che le persone più povere, più umili, siano anche le più generose. Questo capita anche con le cose da fare… Quando c’è qualcosa da chiedere conviene sempre andare da chi fa già tanto perché tra le tante occupazioni, un tempo, un spazio per un nuovo servizio lo troverà. Chi non fa nulla e quindi, diciamo, è ricco di tempo, troverà scuse e alla fine facilmente ti dirà di no. I poveri spesso sono più capaci di essere generosi. Più abbiamo, più abbiamo paura di dare… più abbiamo e più rischiamo di fondare su quello che possediamo la nostra sicurezza. La ricchezza è un ottimo servitore ma è un padrone terribile se diventa essa a guidare la nostra vita, il nostro agire. I poveri più facilmente sanno affidarsi.

Il Vangelo di oggi, come la prima lettura, ci presenta una donna coraggiosa. Facciamo fatica ad immaginarci il tempio ma era qualcosa di grandioso, enorme, splendido. Tra le varie stanze, c’era la stanza del tesoro in cui le persone gettavano le offerte in denaro e l’ammontare di queste offerte veniva detto ad alta voce. Evidentemente, di fronte alle donazioni più ingenti la gente si voltava, guardava chi era stato così generoso. Immaginiamoci questi che passavano… e buttavano – se vogliamo attualizzarlo un po’ perché parlare di spiccioli, soldi e monete non ci dice molto – 200, 500, 1.000 o 10.000 euro… Tra questi una vedova che butta due monetine, traduciamoli: due euro.

Eppure quelle due monetine per quella donna sono importanti.. Sono tutto ciò che possiede. Le vedove vivevano in una condizione molto precaria ai tempi di Gesù… Non avevano la pensione, non avevano nessuno che le difendesse, non avevano un aiuto o un sostegno. Eppure questa vedova non ha paura a lasciare ciò che ha, per donarlo al Signore. E c’è un aspetto importante… Quella vedova ha due monete… Potrebbe darne solo una. Sarebbe stato già tanto per lei che aveva così poco… Invece dà tutto.

Veniamo a noi allora, alla nostra vita. Noi crediamo, sì, però… Noi ci fidiamo del Signore, sappiamo che è sempre con noi, ma… Ecco l’invito che ci fa il Signore: limare, togliere dalla nostra vita qualche “però”, qualche “ma”. Del Signore ci fidiamo o no? Quando un bambino comincia ad andare in bici mette, di solito anche due rotelline, di fianco, che danno stabilità… È normale. Ma c’è un momento in cui queste rotelle le deve togliere altrimenti, ad andare in bici, non imparerà mai… “Ma se le tolgo rischio di cadere…” È vero. È il rischio che dobbiamo correre per essere dei veri credenti. Se vedessimo un uomo di quarant’anni che va in bici con le rotelle resteremo un po’ perplessi…Invece nella vita di fede si fa così fatica ad abbandonarsi, a lasciarsi andare al Signore. Dobbiamo decidere. Dio è carità, ma a Dio non si fa la carità. A Dio non dobbiamo dare i ritagli, gli avanzi del nostro tempo, della nostra vita: dobbiamo dare il meglio, dobbiamo dare tutto. E possiamo fidarci di Dio perché Dio si è fidato di noi… Non un po’, pienamente.

In quella confusione straordinaria che era il tempio, tra tutte quelle voci, quelle persone importanti, nessuno probabilmente si era accorto di quella povera donna. Ma Gesù sì, Gesù l’ha vista; sa riconoscere tra tanti quel gesto di bene. Anche noi, tra i tanti, siamo riconosciuti dal Signore. Non c’è nessuna azione buona che il Signore non raccolga, non riconosca e non valorizzi. Il Signore sa vedere oltre. Sapete che tutte le grandi squadre di calcio hanno dei talent scout, dei professionisti, osservatori, che girano per i campi di periferia, nelle squadre delle categorie più basse e cercano il campione del futuro. Oltre i campi scadenti, oltre il materiale non di marca, oltre i pochi tifosi, i campi da calcio con le buche, questi osservatori sanno vedere la qualità, il talento, sanno riconoscere il campione. Noi, agli occhi del Signore, siamo campioni… agli occhi del Signore siamo santi! Dobbiamo però avere il coraggio di mettere la nostra vita nelle mani del Signore. San Giovanni Bosco disse a Domenico Savio una volta: “Domenico hai una bella stoffa!”. E Domenico gli rispose: “Io sarò la stoffa, lei il sarto. Faccia di me un vestito per il Signore”. Ci aiuti il Signore a fidarci, a non temere di avere poco, a saperci osservati e sostenuti e anche la nostra vita diventerà un abito stupendo per il Signore.