Dare di nuovo ragione della “speranza che è in noi”

Omelia nella solennità dei santi Vittore e Corona – Feltre
14-05-2021

Letture bibliche: At 18,9-11; Sal 46 (47); 1Pt 3,14-17; Gv 16,20-23

 

Oggi la solennità dei santi patroni Vittore e Corona apre davanti al nostro sguardo il panorama sempre nuovo della Pasqua. Anzi siamo abbagliati dalla luce intensissima che ci giunge dall’annuncio della risurrezione di Gesù. Non dimentichiamo: l’autentica nostra speranza è Lui, il Risorto! Pietro nella seconda lettura ci ha ricordato proprio questo: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori pronti sempre a rispondere a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi».

Nella prima lettura viene condiviso con noi l’invito che Paolo, mentre si trova nella città di Corinto, riceve in sogno. Il Signore lo incoraggia: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male». Dunque: non abbiate paura! E Pietro, nella seconda lettura, immediatamente ci dice: «Carissimi, se dovete soffrire per la giustizia, beati voi!». Così egli fa eco alle beatitudini di Gesù: «Beati voi!». Ma è soprattutto la parola stessa di Gesù ad abbracciare la nostra vita ed avvolgerla di ulteriore luce: «Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia».

Dobbiamo immaginare in queste parole di risurrezione la testimonianza di vita dei martiri Vittore e Corona. Ci testimoniano che la vita può risultarci, sì, difficile, faticosa, attraversata da avversità e dolore, ma non è questo il senso della vita; non è questa la promessa che essa ci riserva. La vita non ci sbatte contro la sofferenza, la contrarietà e la persecuzione. Vittore e Corona hanno pregustato ciò che la vita, nel suo frutto più maturo, è chiamata ad esprimere, a lasciare in dono. È straordinaria l’immagine utilizzata da Gesù per aiutarci a cambiare sguardo e mentalità, anzi a convertirci nel cuore. Egli osserva: «La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo».

Gesù è eccezionale e coraggioso nell’affermare che la gioia va ritrovata, riconosciuta e goduta quando viene al mondo un uomo, una donna! Anche sul mondo, sulle nostre storie, sulle nostre situazioni di vita che ci lasciano traballanti, fragili e sospesi, Gesù pone il dono della gioia. Il mondo stesso è chiamato alla gioia.

Sembra paradossale, ma i nostri martiri Vittore e Corona sono entrati nella persecuzione, avendo loro in profondità questa apertura a una vita che attende e accoglie il dono di gioire.

Forse oggi abbiamo bisogno che – nel parto difficile che viviamo – la promessa di Gesù, unita all’incoraggiante testimonianza di Vittore e Corona e ridestata dalla Parola che ci è stata annunciata, ci prendiamo per mano perché il dolore del parto generi e risvegli nuovamente la promessa racchiusa in ogni vita. Le parole stesse di Gesù ce la riconsegnano ora, in tutta la sua novità: «Nessuno potrà togliervi la vostra gioia».

I nostri patroni oggi ci chiedono di dare di nuovo ragione della “speranza che è in noi”; anzi di ricominciare a darla, poiché è già nel dono della vita che abbiamo. L’appello a cercare, attendere, preparare, accogliere la gioia che è nelle profondità della vita è anche nostra responsabilità. È un appello, sì, alla comunità ecclesiale, ma lo è anche alla comunità civile, alla città di Feltre di cui Vittore e Corona sono patroni.

Pietro ci ha suggerito come rendere ragione di questa speranza: «Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza». In questo modo noi anticipiamo il dono della gioia.

Desidero concludere con un augurio che è la stessa benedizione del Signore ed è la promessa per ogni vita e per ogni comunità, ben oltre l’ambito ecclesiale: «In questa città io ho un popolo numeroso». Siamo tutti nel parto di una gioia che deve venire alla luce ed essere data al mondo!