Nelle esequie di don Costantino De Martin Polo

Chiesa parrocchiale di Padola – Comelico Superiore
07-08-2021

Dt 6,4– 13; Sal 17; Mt 17,14– 20

Ieri nella festa della Trasfigurazione del Signore, l’evangelista Marco ha raccontato di Gesù che aveva preso con sé tre discepoli per condurli «su un alto monte, in disparte, loro soli» (Mc 9,2).

La salita all’“alto monte del Signore”, per don Costantino, ha l’eccezionale durata di 92 anni. Dalla montagna – qui dal Comelico Superiore – era partito per conoscere altre terre alte e poi la Valbelluna. Siamo qui nella comunità delle sue origini per affidare la sua lunga vita a Colui che dà compimento alle nostre vicende umane: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».

Possiamo immaginare il prorompere immediato e sincero di don Costantino dinnanzi a questa rivelazione e trasfigurazione: «Ti amo, Signore, mia forza, / Signore, mia roccia, / mia fortezza, mio liberatore. / Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio, mio scudo, / mia potente salvezza e mio baluardo». È il salmo con cui abbiamo pregato poco fa. Queste parole incalzanti, semplici, veloci, senza raggiri… sembrano evocare proprio lui, don Costantino, con il suo modo di fare. Il realismo di queste immagini – «mia roccia… mia rupe…» – disegnano uno stile di resistenza, di capacità nel non lasciarsi travolgere dagli eventi e a non lasciarsi trascinare dal vento delle facili interpretazioni.

Oggi la Liturgia ci ha offerto una parola importante che racchiude la preghiera e la professione di fede di Israele: «Tu amerai il Signore, tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze». Mosè precisa che questi precetti devono stare «fissi nel cuore» e sono da ripetere ovunque in casa, per via, nel coricarsi e nell’alzarsi. Don Costantino, proprio nell’ultima stagione di vita, mostrava una sua personale partecipazione alla preghiera. Muoveva le labbra con istintiva velocità, sembrava seguire un suo ritmo che scattava immediato e lesto. Anche al culmine del suo salire sull’alto monte della trasfigurazione, mercoledì mattina prima di lasciarci, don Costantino aveva partecipato così all’Ave Maria pregata da padre Giuseppe. Questo suo modo di partecipare alla preghiera ravvisava ciò a cui si era legato e a cui aveva ancorato il suo ministero.

La scena commovente e sofferta di quell’uomo che si avvicinò a Gesù e che gli si gettò in ginocchio di cui si parla nel racconto evangelico di oggi, richiama i momenti di vicinanza alle famiglie, coinvolto nelle loro vicende di vita a cui si è dedicato don Costantino nel suo ministero. Chissà quante volte anche don Costantino ha provato la fatica e una sorta di infruttuosità, che possono accompagnare il ministero, rappresentate dalle parole del padre che chiede aiuto a Gesù: «L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». Gesù suggerisce una “piccola fede” – «pari a un granello di senape» – per attraversare anche le situazioni più difficili.

Possiamo immaginare quante volte don Costantino, con la schiettezza, la semplicità e la sincerità che lo caratterizzavano ha sostenuto, sollecitato, condiviso una fede limpida ed essenziale «pari a un granello di senape». Particolarmente negli attraversamenti meno gratificanti della vita, così anche nel ministero, c’è un momento in cui si percepiscono venire meno le nostre forze e le nostre potenzialità. Sono i momenti in cui siamo chiamati a fare verità di noi stessi e del nostro vivere. Lì, per davvero, occorre ricorrere al Signore della vita, a colui che è “origine e fonte della nostra fede”, alla «roccia», a Colui che «si mostra fedele al suo consacrato», come abbiamo pregato nel salmo.

Don Costantino ci stupisce per i molti anni che ha ricevuto in dono: sia quelli della sua lunga vita – 92 – sia quelli del suo abbondante ministero – 68. Interminabili storie di persone, di famiglie, di comunità solcano questo lungo cammino. Don Costantino è giunto a consegnare al Signore della vita quella fede che Gesù paragona a un «granello di senape». Essa sposta «questo monte da qui a là». Gesù ci rassicura: «Nulla vi sarà impossibile». Così per don Costantino!