Nel cuore della foresta, durante la stagione dei temporali, il cielo inondava la terra di torrenziali piogge. Le scimmie urlavano di paura, gli uccelli proteggevano i loro piccoli sotto le ali, i rapaci si rifugiavano nelle caverne della montagna, da cui discendevano torrenti di fango; e gli uomini, altrettanto impotenti, rimanevano nelle loro capanne aspettando il sereno.
Un bel mattino, la pioggia cessò, i raggi del sole cominciarono a riscaldare i petali dei fiori, asciugandone le perle d’acqua imprigionata nei calici. I bambini del villaggio poterono finalmente uscire e sguazzare liberamente in mezzo al fango.
Un’orfanella, con ben altre preoccupazioni, decise di partire in cerca della montagna sacra che, secondo la leggenda, avrebbe esaudito i desideri dei bimbi dal cuore puro.
Desiderava, come tutte le bambine del mondo, una bambolina, ma speciale, capace di nascondere un’anima meravigliosa e di riempire di tenerezza e di affetto le sue tristi solitudini.
La piccola camminò a lungo in mezzo alla foresta. Finalmente, arrivò ai piedi di un vulcano: «Sacra montagna dei miei avi, dammi – ti prego – la bambolina dei
miei sogni!». All’improvviso, dell’argilla le fremette tra le mani, prendendo via via la forma di una bambolina. La bimba pensò: «Ho sempre aiutato a impastare e a modellare l’argilla; arrivata al villaggio, potrò perfezionare la bambolina e farne una danzatrice».
Al villaggio, l’orfanella si chiuse in casa e lavorò una notte intera per abbellire e perfezionare la bambolina. Al levar del sole, l’opera era terminata e la bimba poté stringere a sé una graziosissima danzatrice di argilla, dalla pelle bruna e liscia.
All’improvviso, la bambolina sorrise, il suo corpicino cominciò a danzare e le sue morbide labbra esclamarono: «Piccola, la terra della montagna sacra è la mia; il potere del mio amore è perciò immenso; esprimi un desiderio!».
La bimba, esterrefatta, esitò alcuni istanti, poi sussurrò: «Vorrei una dimora dignitosa, piena di stoffe e di tessuti preziosi, in cui vivere con l’anziana donna che mi ha presa in adozione». Tale desiderio fu subito esaudito, lasciando a bocca aperta gli abitanti del villaggio. La piccola, stringendo forte la bambolina di creta, condusse l’anziana nella nuova dimora. E gli abitanti del villaggio, un tempo ostili alle due miserabili donne, ora fecero a gara per conquistarne l’amicizia e i favori.
Un giorno, l’anziana morì, lasciando la bimba in una profonda desolazione: da quel momento, la sola bambolina condivideva le sue solitudini! Fino al giorno in cui un ragazzo, il più tremendo del villaggio e per questo emarginato dei coetanei, cominciò a frequentare la bambina. Egli amava intrattenersi con lei, ma era geloso e ben presto cominciò a detestare la bambolina di argilla. Così, un mattino, il ragazzino strappò la statuina dalle mani dell’amica e, gettandola a terra, la frantumò. Poi se ne andò.
L’orfanella, in lacrime, raccolse i pezzi della bambolina, nel disperato tentativo di aggiustarla e rianimarla. Finché non vide un sorriso rispuntare sulle labbra
della statuina, che le disse: «Piccola, mi hai salvata e ti ringrazio. Ora, però, ti consiglio di lasciarmi andare, sono diventata un pericolo per te!». «No!», urlò la bimba. «Voglio stare con te, non lasciarmi, ti prego, portami con te!».
La bambolina, stringendosi al petto dell’amica: «È giunto il momento, se vuoi, di diventarmi sorella d’argilla e di seguirmi nel paese dei sogni: un luogo incantato, sconosciuto, in cui solo pochi possono accedere grazie al loro amore.
Per raggiungere quel posto, dovremo passare per il grande oceano, al di là della montagna sacra.
Le due si misero in viaggio e, arrivate dinnanzi al famoso vulcano, la bambolina alzò le braccia al cielo e parlò in una lingua sconosciuta. A un tratto scoppiò un grosso temporale e la statuina di creta chiese all’orfanella di coprirsi di fango. La bimba obbedì e prese l’aspetto della bambolina. Poi entrambe si tuffarono nell’oceano, da dove, una volta disciolte e perciò libere da ogni forma di schiavitù carnale, sarebbero partite per il viaggio verso il paese dei sogni.
Le due creature d’argilla, splendide, con le guance solcate da lacrime di bellezza, sembravano volare come gabbiani in quel cielo di mare, contro la forza delle onde.
Immerse nella serenità di quelle acque, si sciolsero… liberando le loro anime nell’immensità dell’oceano…
Termina la parabola raccolta in Costa d’Avorio: «D’allora, al tramonto, un piccolo ragazzo mescola ogni giorno le sue lacrime alle acque del mare, rimpiangendo la sua meravigliosa compagna di giochi… diventata libera e pura come una stella, a motivo dei suoi sogni e della sua bontà.
Illustrazione di Roberto Bristot (Brio)