A cura di don Ezio Del Favero

172 – L’uccellino fedele

Come sono felice... devo tutta questa gioia e questa pace al mio albero. Non lo abbandonerò mai...

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Tanto tempo fa, in un paese lontano, viveva un uccellino raro e colorato, il più bello che si fosse mai visto. I grandi occhi neri avevano le morbide luminescenze del velluto, le piume variopinte brillavano come gioielli, le zampe delicate sembravano cesellate nel più puro corallo. Era veramente uno splendido esemplare.

L’uccellino abitava in mezzo alla foresta sotto una grande catena montuosa. Viveva felice su un albero grande e solenne che aveva scelto con cura e che amava con tutto il cuore. Gli piacevano i rami robusti, coperti di larghe foglie fresche che lo difendevano con la loro ombra dai dardi del sole. Gli piaceva la canzone che cantavano dolcemente le foglie quando la brezza della sera le sfiorava, mentre i rami lo cullavano e vegliavano sul suo riposo. Ma ciò che preferiva più di tutto era mangiare i frutti succulenti, che l’albero generoso produceva in ogni stagione.

Ogni sera, quando le stelle si accendevano una dopo l’altra nel cielo, la creatura variopinta sospirava di felicità: «Come sono felice, come sono fortunato, possiedo quanto di meglio si possa desiderare. E devo tutta questa gioia e questa pace al mio albero. Non lo abbandonerò mai, non lo lascerò mai per un altro albero». E si addormentava abbracciato all’ampio tronco.

Un giorno, lo Spirito della foresta udì le parole dell’uccellino e decise di metterlo alla prova. Fece seccare la preziosa linfa che scorreva nelle vene dell’albero. Così, fiori e frutti cessarono di germogliare. Una ad una, le foglie cominciarono a ingiallire e cadere, mentre i rami secchi si spezzavano tristemente a ogni colpo di vento. Ma la creatura alata non partì. Volava senza posa attorno al caro albero, cercando di rinfrescarlo con le sue ali e ripararlo dagli implacabili raggi del sole. I suoi occhi si rifiutavano di vederlo come un vecchio albero raggrinzito e il suo cuore pieno d’amore continuava a immaginarlo con il suo folto fogliame scintillante di rugiada mattutina. Appollaiato su di un ramo morto, il bel uccellino parlava dolcemente: «Tu mi hai regalato tanta felicità, come potrei dimenticarti? I veri amici non si separano quando uno di loro è colpito dalla sventura. No, le mie parole erano sincere quando affermavo di amarti. Per questo non ti lascerò mai!».

I giorni passavano e la creatura alata restava fedele e tranquilla. Dall’alto di un ramo spoglio guardava l’aurora tingere d’oro l’orizzonte e il crepuscolo velarlo di violetto. Lo Spirito della foresta sorrise vedendo che l’uccellino non aveva nessuna intenzione di lasciare il suo vecchio amico. Allora, con il suo soffio d’argento, ridiede vita all’albero. Sui rami rispuntarono le foglie, poi sbocciarono fiori meravigliosi che riempirono la foresta di profumi deliziosi. I frutti maturarono in tale quantità da piegare i rami verdeggianti.

L’albero tornò a stagliarsi nel cielo, più bello che mai. Lo Spirito della foresta disse: «Uccellino fedele, vivi felice sul tuo albero, perché hai saputo, nonostante le prove e lo sconforto, conservare inalterati i tuoi sentimenti».


La parabola – di origini nordiche – insegna a perseguire il valore della fedeltà, che si nutre anche della memoria dei doni ricevuti. L’uccellino è un amico vero e non abbandona il suo caro albero neppure quando la situazione sembra irrimediabile. La fedeltà si nutre anche di speranza.

Racconta un’altra parabola: «Quando giunse l’inverno, tutti gli uccellini del bosco partirono. Soltanto un piccolo uccellino decise di rimanere nel suo nido dentro un cespuglio di agrifoglio: voleva a tutti i costi attendere la nascita di Gesù per chiedergli qualcosa. L’inverno fu lungo e molto nevoso. Il povero uccellino era stremato dal freddo e dalla fame. Finalmente arrivò la Notte di Natale. Quando l’uccellino fu dinnanzi al Bambino appena nato, disse: “Caro Gesù, vorrei che tu dicessi al vento invernale del bosco di non spogliare l’agrifoglio. Così potrei restare nel mio nido e attendere la nuova primavera”. Gesù sorrise, poi chiamò un angelo e gli ordinò di esaudire il desiderio dell’uccellino. D’allora, l’agrifoglio conserva le sue verdi foglie anche d’inverno. E, per riconoscerlo dalle altre piante, l’angelo vi pose delle piccole bacche rosse e lucenti».