A cura di don Ezio Del Favero

173 – L’incanto del violinista

Un accordo di violino vibrò nella penombra; il violinista era arrivato e suonava per i bambini nella chiesa ormai vuota

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In un paese di montagna, ormai viveva in un ospizio, ma era conosciuto in tutti i paesi vicini per il suo violino; aveva un modo tutto particolare di suonarlo, senza virtuosismi, ma traendone note di una tale dolcezza che incantava anche i semplici montanari che non avevano l’orecchio musicale. Tutti gli anni, il giorno della Vigilia di Natale, faceva il giro delle chiese del paese suonando davanti ai Presepi, e a mezzanotte accompagnava la Messa di Natale.

Quel signore magrolino, che sembrava aver raccolto tutte le sue energie a farsi crescere una barba lunga lunga, era diventato per tutti parte integrante della festa di Natale, come un personaggio del Presepe. Soprattutto i bambini lo amavano e si tenevano pronti fin dal mattino davanti alla prima chiesa, aspettandolo con impazienza per accompagnarlo nel suo giro abituale. Il musicista entrava in chiesa, si metteva davanti al Presepe, estraeva il violino e cominciava a suonare. I bambini lo accompagnavano cantando i canti tradizionali e lo ascoltavano rapiti.

Passarono gli anni. I bambini divennero grandi e altri bambini li sostituirono per accompagnare il violinista, di chiesa in chiesa, la Vigilia di Natale. Lui, con la barba bianchissima, trascinava sempre più faticosamente le gambe, ma quando suonava era ancora il violinista di sempre, perché il tempo non intaccava la sua musica.

Una Vigilia, però, il vecchietto non si presentò all’appuntamento. I bambini erano già schierati fin dal mattino all’entrata della prima chiesa. Passarono le ore, trascorse l’intera giornata e lui non venne. Arrivò la sera e i bambini si recarono pieni di apprensione alla Messa di Natale. La celebrazione iniziò. I bambini durante la cerimonia pensavano: «Verrà certamente, è in ritardo ma verrà!». La Messa si concluse, la gente si avviò all’uscita, e i bambini rimasero in gruppo seduti sui banchi della chiesa. Era tardi, il sagrestano voleva spegnere le luci, chiudere e andare a dormire, ma i bambini rifiutavano di muoversi.

Ed ecco che un accordo di violino vibrò nella penombra; il violinista era arrivato e suonava per i bambini nella chiesa ormai vuota. Quando lo accompagnarono all’uscita, si accorsero che il suo passo era malfermo; la neve cadeva in grossi fiocchi bianchi e il vecchio riuscì con molta fatica a raggiungere la sua stanzetta nell’ospizio, mentre una bambina piccola gli portava il violino e il cilindro. «Guarisci!», gli augurarono in coro i bambini.

Quello fu l’ultimo Natale del violinista, ma i bambini lo ricordano come il più dolce.


La parabola – tratta dalla tradizione nordica – pur dall’epilogo triste ha il potere di ricreare l’atmosfera del vero Natale. Senza tanti addobbi, un semplice violino, note magiche capaci d’incantare, una chiesa, un presepe, bambini e vecchi insieme…

Racconta un’altra parabola: «In una baita in mezzo a un bosco di montagna, viveva una coppia di anziani, senza figli. I due vecchietti erano soli e stanchi e quel giorno non avevano avuto la forza di preparare la legna per scaldarsi. Era Natale e, in lontananza, si sentivano le campane a festa. La madia era vuota; rimaneva loro solo un pezzo di pane duro che, bagnato nell’acqua, sarebbe bastato per sfamarli. Dalle fessure della porta entravano ventate gelate e i due vecchietti tremavano dal freddo.

A un tratto, spenta la candela perché non si consumasse, in fondo al caminetto spento videro due carboni accesi. Allungarono le mani verso di essi e un dolce tepore invase i loro corpi. Ringraziarono il Bambino santo della sua premura e si addormentarono. In realtà, quelli non erano carboni accesi, ma gli occhi lucenti di un angelo inviato dal cielo in cerca di una povera capanna dove far rivivere, almeno quel giorno, la gioia della nascita del Dio-con-noi».