La Valle de Maurienne coincide con una delle grandi valli trasversali delle Alpi, la valle dell’Arc, fiume che nasce dal gruppo montuoso delle Alpi Graie. Nel cuore di quella valle sorgono le alte mura di una fortezza inespugnabile che domina le Alpi tra Vanoise ed Ecrins. Le tre torri più alte del castello toccano il cielo, tre piramidi di roccia, scolpite dalla mano di Dio.
Un’antica leggenda narra che le Fate (in dialetto Fayes) soggiornavano in quel misterioso edificio formato da magnifiche montagne avvolte in un velo di neve, nominate Aiguilles d’Arves (alte tra i 3.358 m e i 3.514). Le Fayes erano donne di grande bellezza, esseri soprannaturali con forme irreali e diafane. Erano molto discrete e rarissime persone le avevano incontrate. Si diceva addirittura che la loro incomparabile bellezza facesse girare la testa agli uomini; una volta sedotti, li trascinano lassù sulla montagna che rendeva le loro mogli molto gelose. Solo i bambini potevano facilmente incontrare le Fayes, per cui i pastorelli non temevano nulla, protetti dall’innocenza e dall’incuria della loro età.
Molto tempo fa, una pastorella teneva il suo gregge lassù nei magri prati appena sotto le rocce. Alla fine della giornata, la Stella del Pastore, minuscolo astro arancione, era appena sorta esattamente nella regione del cielo dove il sole aveva scelto di tramontare, dando alla pastorella il segnale di rientrare. Una leggera brezza carica del fresco profumo delle cime spazzava l’alpeggio, l’eco rimandava il tintinnio meravigliosamente ovattato dei rintocchi delle campane.
La ragazza stava per scendere con il suo gregge, quando una bella signora, vestita con sontuosi abiti di seta, le si avvicinò. Era una Faye, ma la pastorella non lo sapeva, non aveva mai visto una donna così bella da vicino! La fata aveva un viso delicato con una carnagione color rosa canina e portava lunghi capelli biondi a cascata lungo le sue fragili spalle. La Faye gli disse con voce dolce: «Per favore, vieni ad aiutarmi a stendere il bucato perché stasera è luna piena e non sarò in grado di farlo da sola».
Senza dire nulla, la pastorella la seguì. La fata e la ragazzina salirono lassù tra le rocce e poi stesero il bucato bagnato su grandi lastre di roccia. Erano solo abiti di seta e di chiffon, vestiti di pizzo… mai la pastorella aveva toccato tessuti così morbidi, preziosi e delicati. Quando tutto fu finito, la Faye riempì il grembiule della pastorella di foglie di frassino, nuove e piatte come se fossero state stirate! «Ecco la tua ricompensa, gentile ragazza e ti ringrazio molto!». Poi la bella signora volò via sotto i pallidi raggi della luna.
Lungo la strada, la pastorella gettò via tutte le foglie, non perché pesanti, ma perché ingombranti in quanto doveva correre incontro al suo gregge. Ora il grembiule aveva una piccola tasca e lì rimasero impigliate tre piccole foglie, che la ragazza non aveva visto. Quando arrivò alla sua baita, la pastorella guardò nella tasca del grembiule e trovò tre monete d’oro! Capì che erano foglie di frassino magicamente trasformate in monete. Non appena sorsero le prime luci del mattino, la ragazza tornò nel luogo dove aveva gettato le numerose foglie ricevuto in dono dalla Faye. Si ricordò bene dove aveva svuotato il grembiule, ma, nonostante avesse cercato e cercato di nuovo, non trovò né foglie né monete…
La parabola – raccolta in Savoia (Francia) – insegna a essere generosi e disponibili, ad aiutare gli altri e a far attenzione alle gratitudini spesso misteriose.
Nelle storie savoiarde, non c’è lago, grotta o sorgente senza la sua fata. Questi esseri misteriosi sono custodi di luoghi sacri, vegliano sulla natura e svolgono un ruolo chiave nelle tradizioni locali. Loro avrebbero insegnato agli abitanti del villaggio a fare i formaggi, un saper fare ancestrale. Se gli abitanti del villaggio accoglievano le fate nutrendole con i prodotti caseari, queste rimanevano benevoli. D’altra parte, in caso di mancanza di ospitalità, le Fayes trascinavano i ghiacciai sugli alpeggi come vendetta.
In una tra le più belle e antiche foreste della Val d’Aosta – racconta un’altra leggenda – vi è una Dama Bianca, bellissima, una fata benefica che appare ai margini dei boschi. Con il suo candido abito protegge gli abitanti delle valli da probabili disgrazie e li avverte con urla e lamenti in caso di pericolo. Altre fate, note sempre con il nome di “Dama Bianca” si aggirerebbero nei pressi del Monte Bianco e del Monte Rosa. Si narra che le stelle alpine siano nate dalle lacrime delle fate. Quindi per trovarle – suggerisce la tradizione – si dovrebbero seguire quei fiorellini.