A cura di don Ezio Del Favero

27 – Il bracconiere e i re Magi

Padre, perdonami perché ho peccato!

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L’anziano curato di montagna, una sera d’inverno, se ne stava tranquillo al calduccio davanti al caminetto. All’improvviso bussarono alla porta. Si presentò un vecchio cacciatore che, pur non santificando le feste, talvolta manifestava delle buone intenzioni nei riguardi del Buon Dio. Talvolta andava a trovare il suo curato, ma solo la sera, quando la luna non era propizia per l’agguato del suo segugio e non certo per confessarsi. La sua anima forse era bella, ma chissà dove nel più oscuro dei nascondigli!

Il curato non si stupì di quella visita e alzò lo sguardo per salutare l’uomo, in silenzio perché stava parlando con Dio, mentre le sue mani percorrevano devotamente i grossi chicchi di un rosario. Il cacciatore si sedette, in silenzio, mentre i suoi occhi brillavano in seguito a una vicenda strana e le sue mani conciate andavano nervosamente dalle tasche del suo miserabile giaccone alla sua pipa rosicchiata, per poi salire fino ai capelli… e poi riprendere da capo. Il camino continuava a bruciare, le mani del curato continuavano ad accarezzare il rosario, il vecchio cacciatore di camosci ripeteva quei gesti, dalle tasche, alla pipa ai capelli…

Improvvisamente, l’uomo s’inginocchiò: «Padre, perdonami perché ho peccato!» Le mani del sacerdote si posarono sulle mani scottanti del penitente prostrato. «Ho peccato perché… ho ucciso un camoscio, vicino alla cappella di san Cristoforo!» Al curato non era mai successo che un cacciatore, bracconiere, tanto meno quello ossia il peggiore di tutti, si confessasse per aver ucciso una preda!

Il penitente precisò: «Chiedo perdono, non tanto per il camoscio… Stavo aspettando il buio per scendere al villaggio, nascosto sotto un abete accanto a uno strapiombo, vicino alla cappella di san Cristoforo. A un certo punto, ho sentito il suono di una campanella provenire dal sentiero e ho visto degli sprazzi di luce. Nell’imbrunire, tre bambini silenziosi portavano qualcosa tra le mani. Ciascuno aveva una lanterna per farsi luce e così ho visto i loro volti illuminati. Dietro ai tre messaggeri, un bambino trascinava sulla neve una capra che non voleva avanzare, legata con dei nastri, con un campanello sul collo e, sul dorso, una vecchia coperta. La piccola carovana è entrata nella chiesetta e io l’ho seguita di nascosto. I tre bambini sono saliti sui gradini dell’altare, mentre il quarto, più piccolo, aggrappato a una panca, si sforzava di tenere la capra che non trovava quel riparo di suo gusto. Tutto questo nel silenzio più assoluto, a parte il suono della campanella…»

«All’improvviso – proseguì il cacciatore – una voce esitante ha intonato un canto, seguita pian piano dalle altre voci, con melodie da grandi. Dopo il canto, uno dei bambini ha posato sull’altare delle monete, disegnando una specie di cuore brillante. Un secondo bambino ha versato sull’altare un profumo soave e inebriante, che ha riempito la notte e mi ha come risollevato da terra. Il terzo ha avvicinato alla sua lanterna una specie di pipa, in ciliegio credo. Una volta accesa, la pipa ha sprigionato del fumo aromatico… In mezzo all’incenso, per un istante, ho visto una preghiera ardente negli occhi persi in Dio di quel bambino…»

Commosso, dopo alcuni attimi di silenzio, il bracconiere proseguì: «Dopo di ché, la carovana è ripartita seguendo lo stesso sentiero, stavolta con la capra a trascinare il pastorello, per scomparire all’interno della foresta, accompagnata dal suono della campanella e da un bagliore di luce. Quando la notte è tornata buia, molto buia, allora ho afferrato il camoscio, l’ho gettato sulle spalle e, vi giuro signor curato, pesava come un uccellino! Allora sono corso qui da voi! Perché ho capito che quei bambini erano simili ai Re Magi nel presepe. Non so da dove, erano venuti per me, solo per me, per ricordarmi che oggi era la festa dell’Epifania e che io non l’avevo santificata… Padre, perdonami perché ho peccato!»

Il vecchio curato di montagna disse dolcemente: «Caro figliolo, ora devo darti una penitenza…»  Il bracconiere, prima che il prete continuasse, rovistò nel suo sacco, estrasse un grosso cosciotto di camoscio e lo mise tra le mani del prete ancora unite in preghiera. Poi si alzò e uscì nel buio della notte, mentre il prete impartiva la benedizione…

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La parabola – di origine svizzera (Canton Vallese) – è tratta da un racconto di Marcel Michelet  sacerdote e scrittore (1906-1989). Precisa il racconto: «Ciò è avvenuto nella festa delle Stelle, cioè alla sera dell’Epifania del 1949simo anno dall’alba della salvezza del mondo…»

La magia del Natale, complice la montagna e la sua vita genuina a stretto contatto con la Creazione, può commuovere anche i cuori più rudi…