A cura di don Ezio Del Favero

58 – Gli astri e la notte polare

Ma un giorno accadde che tre di loro, Itouk, Kakouk e Marouk, divennero invidiosi della felicità degli altri....

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Tanto tempo fa, all’inizio della comparsa degli uomini nell’Estremo Nord, gli eschimesi erano le persone più felici del pianeta blu, ovvero la Terra. 

Essi avevano cibo abbondante, acqua a sufficienza e, soprattutto, non litigavano mai. Durante il giorno godevano della luce del sole e, durante la notte, gioivano al chiaro di luna. Per i figli di quel popolo, tutto era fonte di letizia e motivo per essere soddisfatti e fare festa insieme.

Ma un giorno accadde che tre di loro, Itouk, Kakouk e Marouk, divennero invidiosi della felicità degli altri. Cominciarono a inventare tutti i modi possibili per litigare con i membri del popolo, ma per fortuna senza successo. Così decisero di attaccare l’astro del giorno, il Sole, padre di tutte le cose, per annientarlo. Si auguravano così che i loro compagni fossero privati del calore e della luce, cosicché la vita sarebbe diventata difficile per loro e sarebbero diventati infelici. I tre giovani prepararono il loro attacco con la massima cura, progettando di gettare su nel cielo una grande quantità di frecce e di arpioni.

Il giorno previsto, i tre eschimesi scalarono la montagna più alta e da lì lanciarono le frecce e gli arpioni su nel cielo, contro al Sole, ma invano. Tutto quello che lanciavano in alto ricadeva sulla terra, bruciato dai raggi dell’astro celeste. Per nulla scoraggiati, pensarono di raffreddare il Sole lanciando verso di esso degli enormi blocchi di ghiaccio. Ma i risultati non furono più brillanti, in quanto il ghiaccio si scioglieva e ricadeva sotto forma di pioggia sugli attaccanti.

Perciò i tre farabutti si riunirono all’interno dell’igloo di Kakouk per sviluppare una strategia che permettesse loro di far sparire l’astro della notte, ovvero la Luna.  Vi dedicarono varie settimane, ma senza trovare alcuna soluzione.

Una sera, dopo aver bevuto fino a inebriarsi, i tre guardarono la Luna e si misero a deriderla e a insultarla. La Luna si mise a piangere disperata a causa della malvagità dei giovani eschimesi. Vedendo che i loro insulti erano efficaci, Itouk, Marouk e Kakouk raddoppiarono le provocazioni per giorni e giorni, finché l’astro della notte non ce la fece più. Confidò la sua angoscia al Sole, che decise di intervenire. Quello che i tre eschimesi non sapevano era che la Luna era legata all’astro del giorno come una sorella e che i due si vedevano regolarmente due volte al giorno.

Prima di tutto, il Sole si rivolse ai tre giovani chiedendo loro: «Vi chiedo, per favore, di fermare i vostri insulti e le vostre provocazioni nei confronti della Luna!». Sfortunatamente, solo i tre farabutti erano rimasti al villaggio, troppo pigri per andare a caccia, e quindi non vi era nessuno che potesse prendere le difese degli astri celesti. I tre, logicamente, non ascoltarono le richieste del Sole e, perdipiù, gli risero in faccia. Allora l’astro del giorno s’infuriò e decise di dare loro una solenne lezione che tutti i figli del popolo avrebbero ricordato fino alla fine dei loro giorni: sarebbe scomparso dal cielo degli eschimesi nell’Estremo Nord per sei mesi all’anno, per farvi ritorno solo sei mesi dopo. 

Fu così che ebbe origine la notte polare…

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La parabola, raccolta nell’Estremo Nord tra gli Eschimesi, racconta l’origine della notte polare. Narra un esploratore artico: «Nei mesi attorno al solstizio d’inverno il sole saluta i suoi adoratori per rintanarsi in luoghi più caldi, lasciando il cielo in balia della notte che non finisce mai, rischiarata solo dalle seducenti sfumature verdi, blu e viola delle aurore boreali, che hanno da sempre affascinato le popolazioni locali ed alimentato leggende». 

Secondo una leggenda finlandese, l’aurora boreale sarebbe causata da una volpe magica, per questo motivo viene chiamata “fuoco della volpe”. Il mito racconta che la volpe artica correva nella neve verso la festa d’inverno, tenendo la coda in alto. Quando la abbassava però l’attrito causava delle scintille che salivano verso il cielo, infiammandosi. 

I Vichinghi invece erano convinti che le aurore fossero causate dal riflesso del sole sui possenti scudi delle Valchirie, vergini guerriere che venivano mandate in battaglia dal dio Odino per portare nel Walhalla, ossia l’aldilà, i guerrieri morti.

Nella mitologia norrena (nordica o scandinava) il Walhalla è una maestosa ed enorme sala situata a Ásgarðr, il mondo divino governato da Odino.