A cura di don Ezio Del Favero

76 – Il canto Magico

L’ospite si mise a cantare una splendida melodia che avvolse la dimora di una grande dolcezza. 

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In un villaggio tra le montagne un ragazzino orfano andò a vivere con la zia, costretta ad accoglierlo in casa. La donna era scorbutica e non amava i bambini, da quando aveva perso il marito appena sposata senza aver avuto figli. Ma un tempo non era così! 

In quella casa, il ragazzo cominciò a vivere una vita infernale, dovendo svolgere tutte le faccende domestiche e subire in continuazione le arrabbiature della zia. A scuola i compagni lo deridevano perché si presentava vestito male e con i compiti non eseguiti e lo evitavano, consigliati dai genitori che consideravano la zia una persona sgradevole.

La maestra, la sola gentile con il piccolo orfano, un giorno si fece raccontare: «All’alba devo svolgere le faccende domestiche. La sera, dopo aver sistemato la cucina, pulito i pavimenti e il caminetto, vado in camera, mi metto a studiare al lume di candela e mi viene da piangere. Faccio fatica ad addormentarmi e poi sogno di avere un amico. Di giorno, m’invento dei discorsi con quell’amico immaginario. Gli racconto di come mi trattano a scuola, gli parlo delle cattiverie di mia zia e dei genitori che non ho. Mi piacciono le ombre cinesi e, accanto al letto, metto in scena dei personaggi che s’incontrano nelle storie fantastiche popolate da eroi…». 

La maestra, impressionata dalla viva immaginazione del piccolo, provò compassione per lui e decise di preparargli una sorpresa che incantasse i suoi compagni.

L’indomani iniziavano le vacanze di Natale. Per le strade i canti natalizi recavano note di gioia e di calore e sulla piazza il mercatino rallegrava gli occhi e imbalsamava l’aria di un voluttuoso profumo di cannella, di anice e di arancia cotti nel vino caldo. 

I bambini giocavano a palle di neve. Ma il ragazzo non poteva immergersi in quel clima, perché la zia non glielo permetteva. Nessuno osava bussare a casa loro, temendo le ire della donna. 

Il giorno di Natale, all’alba, il piccolo vide che nevicava. Tutto era ricoperto di uno spesso mantello bianco. Mentre il ragazzino sbrigava le faccende domestiche, qualcuno bussò alla porta. La zia aprì urlando: «Chi ha il coraggio di disturbare?». 

Si trattava di un bambino, che le sorrise. La donna, di fronte alla serenità di quel piccolo e al suo sguardo puro e profondo, rimase senza parole. L’ospite si mise a cantare una splendida melodia che avvolse la dimora di una grande dolcezza. 

L’orfano si commosse. Quella voce era straordinaria, così deliziosamente melodiosa che penetrava in fondo al cuore senza trovarvi resistenza. Anche la zia si commosse, subendo una metamorfosi: i suoi tratti si addolcirono e, per la prima volta dopo secoli, le sue labbra si abbandonarono a un timido sorriso. Quel canto lei lo conosceva bene ed era uno dei suoi preferiti! Lo aveva imparato da sua nonna. Si mise a cantare, tra le lacrime e la voce che tremava di emozione. Cercò la mano del nipote e la strinse forte, mentre l’ospite osservava la scena commosso. La donna si sentiva come liberata, ritornata alla vita, un corpo congelato che finalmente si scalda accanto al fuoco. La zia propose al piccolo di accomodarsi, ma lui propose al nipote: «Vieni a giocare sula neve!».

Quella fu una battaglia di palle di neve memorabile. I due ragazzi urlavano di felicità, avvolgendosi nel manto bianco. A un certo punto l’ospite chiese: «Sei davvero bravo con le ombre cinesi?». «Come fai a saperlo?». In quell’istante suonarono le campane e l’ospite disse: «Devo andare! A presto, amico mio. Sii felice!».

Mentre l’amico si dirigeva sul sentiero di montagna e spariva nel bosco dietro la spessa coltre bianca, il ragazzino rientrò in casa e lì trovò la zia che cantava e gli offriva dei dolcetti di pane speziato.

Da quel giorno, la vita del piccolo orfano si trasformò. La zia divenne dolce e comprensiva, incitandolo a fare i compiti durante il giorno e raccontandogli delle belle storie prima di addormentarsi. A scuola, la maestra gli chiese di fare uno spettacolo di ombre cinesi. Di fronte a quella esibizione, che raccontava la storia di una bella amicizia tra due ragazzi soli, i compagni rimasero impressionati e, d’allora, fecero a gara per farselo amico. I paesani furono contenti nel vedere la zia del piccolo ritrovare la gentilezza di un tempo. Essa ritornò a cantare nel coro, commovendo l’assemblea riunita in chiesa ogni volta che a Natale intonava con voce celestiale quel canto che un bambino ospite le aveva fatto riscoprire…

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La parabola – raccolta nel nord Europa – termina precisando: «L’orfano non rivide più l’amico misterioso. Ma né lui, né la zia, né i compaesani mai si scordarono del vento nuovo che aveva soffiato su quel villaggio in quel Magico Natale».  

La magia del Natale, anche nelle situazioni più impensabili, può provocare miracoli!