Un tempo, un bambino messicano viveva nel villaggio di Tenejapa, nel cuore delle montagne del Chapas. Nella sua ingenuità lanciò una sfida alle divinità: riuscire a contare le stelle. Ma come Adamo e Prometeo, anche il candido fanciullo fu inesorabilmente castigato, in quanto non è permesso sfidare gli dèi.
All’età di sei anni, quel bambino era molto curioso e voleva rendersi conto di tutto quello che i suoi occhi vedevano muoversi attorno a lui. Di notte lo affascinavano le piccole luci che, con le tenebre, si accendevano in cielo: quei punti luminosi pareva volessero richiamare la sua attenzione e raccontargli storie misteriose.
«Cosa sono quelle luci che la sera si accendono in cielo?», chiedeva al padre sgranando gli occhi pieni di interrogativi. «Sono le stelle», rispondeva pazientemente l’uomo, da tempo abituato all’insaziabile curiosità del figlio. «Sono le fiaccole della notte che illuminano l’universo quando il sole si ritira per il suo riposo. Sono tantissime e ognuna ha un nome diverso». «Mi piacerebbe moltissimo conoscere i loro nomi. Comincia a insegnarmene qualcuno!». Il papà: «Quel gruppo laggiù è lo “Scorpione”, quell’altro è la “Croce del Nord”; quelle tre invece sono “Ox Kojt” (i Tre Animali); quell’altra ancora è il “Cane Maggiore”. Ci sono poi la “Stella del Mattino” e la “Stella della Sera”. Quella lunga scia luminosa: è “Sbetoyim”, il Cammino del Cielo o Via Lattea. Questi sono i nomi che io conosco. Gli altri non li so», ammise il padre.
Così il popolo Chapas si tramandava di padre in figlio il nome delle stelle. Solo gli dèi ne conoscevano tutti i nomi. Ma quella sera nel cuore del piccolo curioso si era insinuato un incontenibile desiderio: contare le stelle del cielo. Con questo segreto il bambino si addormentò: l’indomani avrebbe dato inizio all’impossibile sfida.
Il giorno seguente, al tramontare del sole, il piccolo messicano stava seduto sulla soglia di casa intento a scrutare il cielo. Laggiù dove il sole aveva raggiunto il suo giaciglio per la notte, strati di luce ancora indugiavano, come lunghe lenzuola di fuoco stese all’orizzonte. Ma in un punto opposto del cielo già si era accesa la “Stella della Sera” e occhieggiava impertinente e solitaria, appesa sullo schermo del cielo di un azzurro cupo. L’attenzione del bambino era tesa nell’ascolto: quella stella misteriosa sembrava voler raccontare tante cose, ma usava una lingua sconosciuta per la sua acerba intelligenza.
Man mano che a occidente, sopra le montagne, le lenzuola di luce andavano impallidendo fino a scomparire, le stelle si accendevano: alcune luminosissime, altre di una luce tenue, pallida, quasi invisibile. Il piccolo riconobbe una a una le stelle che il padre gli aveva indicato e ne ripeté ad alta voce il nome, dicendosi nel cuore: «Voglio contarle tutte, così che gli uomini sapranno finalmente quante sono le stelle che illuminano il cielo!».
Quanto più le tenebre si facevano fitte, tanto più numerosi erano gli astri che apparivano nel cielo. Ben presto il bambino ne perse il conto, non sapendo più quali stelle aveva contato e quante altre s’erano accese dopo che aveva iniziato il conteggio. Ma non si scoraggiò. «Domani, per contare, userò un sistema diverso e certamente riuscirò nel mio intento», si disse per darsi coraggio.
La sera seguente il bambino era di nuovo là, sulla soglia di casa, intento nella sua opera. Ma anche quella volta fallì. Sera dopo sera, notte dopo notte, il padre assisteva preoccupato a quella scena che ormai si ripeteva immancabilmente. Ogni tentativo del padre per dissuadere il figlio da quell’impresa disperata s’infrangeva contro il muro di una cocciutaggine che si faceva ogni giorno più ferrea.
Con l’andare del tempo la fervida mente del bambino diventò sempre più confusa. Ma il piccolo non volle cedere: doveva a ogni costo riferire al suo popolo quante erano le stelle che nella notte illuminavano il cielo. Un immane compito che alla fine lo portò a un grado di inguaribile follia.
Ancora oggi gli abitanti del posto raccontano la storia del piccolo che voleva contare le stelle che brillano nel cielo. I padri e le madri si preoccupano di convincere i loro bambini a non farlo: gli dèi mai permetterebbero di svelare agli uomini questo divino segreto.
La parabola – raccolta in Messico – insegna a non “diventare dei”, la tentazione dell’uomo in ogni epoca, come l’albero della conoscenza del bene e del male del quale narra la Bibbia nelle sue prime pagine; oppure il sogno di Prometeo, personaggio della mitologia greca che rubò il fuoco agli dèi…
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