Il Brec d’Utelle è una cima rocciosa. Lì si apriva una grotta, alla fine della quale vi era una grande crepa, impossibile da attraversare. Si diceva che oltre quella crepa vivessero delle Fate.
Una di quelle Fate, bella come il giorno, stava camminando nei pressi della montagna quando udì una dolce melodia. Incuriosita, si avvicinò e vide un giovane pastore che si stava riposando e che suonava il galoubet (flauto a tre buchi). La Fata attese la fine della melodia e poi si avvicinò al giovane. Costui sobbalzò, alto e bello. I due si fissarono. Il pastore pensò: «Chi è questa bella ragazza con quello sguardo intenso e col suo abito di tessuti pregiati ricamati con fili d’oro? Non l’ho mai vista nel villaggio. Sembra una Fata!».
La Fata gli chiese: «Ti piacerebbe suonare di nuovo per me?». «Con grande piacere, ma dimmi chi sei e da dove vieni». «Sono Bianca, la più giovane delle Fate che vivono nella grotta sotto il passo». «Mi fai vedere la grotta?». «Non posso, solo le Fate possono attraversare la crepa che conduce al nostro regno sotterraneo». A quel punto, Battista, così si chiamava il pastore, si mise a suonare per Bianca, con tutto il cuore, fino al tramonto del sole dietro la montagna. Bianca disse: «Adesso devo tornare; tu non devi seguirmi e il nostro incontro deve rimanere segreto». «Ci rivedremo?». «Forse, ma non devi cercarmi. Eventualmente sarò io a cercare te».
La Fata se ne andò, mentre il pastore, con il cuore triste, la guardava allontanarsi. Agile, Battista la seguì di nascosto. Arrivato su di un altopiano erboso, si nascose dietro una roccia per osservare. Incredibilmente, di fronte a lui, molte Fate andavano e venivano, cariche di magnifiche stoffe che stendevano sulle grandi lastre di pietre. Bianca raggiunse le sue sorelle. Ma una di esse vide Battista e, in un istante, tutte le Fate scomparvero. I panni stesi volarono via, senza che alcun vento li risucchiasse.
Battista rimase lì sbalordito, ricordando le storie che le nonne raccontavano: «Le fate esistevano qui nelle grotte. Avevano una predilezione per il nostro villaggio, dove vi si recavano per vegliare in inverno. Portavano fascine di legna ed erano riconoscibili per i loro abiti di stoffa bianca e perché mettevano i piedi nel fuoco senza bruciarsi. Quando le contadine facevano una torta, riservavano sempre a loro una porzione. In primavera, al suono di una musica proveniente dal nulla, le Fate danzavano accanto alla grotta, cantando versi misteriosi e incomprensibili. Lì rimaneva un grande cerchio di erbe bruciate, denominato “anello delle fate”. Ma se uno si avvicinava, una pioggia di pietre cadeva su di lui. Le Fate aiutavano le donne a preparare le salsicce, potevano guarire i bambini malati e alleviare i disturbi delle donne anziane. Ma rimanevano imprevedibili; a volte giocano brutti scherzi, così i pagliai venivano spostati di notte, gli oggetti in casa scomparivano misteriosamente e si ritrovavano pochi giorni dopo nello stesso luogo. A volte venivano di notte a bussare alle porte o alle finestre…».
Battista ricordava le parole del suo maestro: «Le Fate sono vecchie dicerie; dovete credere solo alla Vergine Maria e ai Santi». Ma la Vergine lui la vedeva solo come immagine, mentre Bianca, così bella, l’aveva vista con i suoi occhi e aveva parlato con lei! Ma chi doveva contattare per saperne di più? La Masca, ecco, se qualcuno sapeva qualcosa, di sicuro era lei!
Nel pieno della notte, Battista si mise in cammino verso la capanna della vecchia Masca all’ingresso di una cavità rocciosa. L’anziana viveva lì, con il latte delle sue capre e le elemosine. Si diceva che potesse lanciare cattivi incantesimi su persone o animali, ma che conoscesse le piante e le pietre che guarivano e che proteggevano dal malocchio. All’alba Battista arrivò alla capanna della Masca che stava raccogliendo legna. «Vecchia madre, ho qualcosa da chiederti» e raccontò del suo recente incontro con Bianca. «Come posso rivederla?». «Ami la tua Bianca? Sappi che le Fate sono immortali e vivono lì da molto prima che il più lontano dei tuoi antenati del Nord si stabilisse nella valle. Se vuoi veramente bene a Bianca, non devi vederla di nuovo. Se ti unissi a lei, ella perderebbe la sua immortalità e cadrebbe in polvere perché ha diverse migliaia di anni. Sappi che ti è apparsa solo per la bellezza della tua musica. Le fate amano la bellezza». «Ma io voglio trovarla! Come faccio a entrare nella caverna delle Fate?». «Non puoi, c’è una crepa troppo stretta, che nessuno può attraversare, se non le Fate. È lì che fabbricano i loro meravigliosi tessuti e tengono anche sontuosi banchetti». «Come fai a sapere tutto questo?». «Molto tempo fa, ero una di loro e ho infranto il segreto per amore di un giovane boscaiolo che mi aveva sorpresa mentre facevo il bagno. Per punirmi, la nostra Regina mi ha trasformato in quella che ora vedi, ma ho mantenuto alcuni poteri. Vedendomi così, il mio amante è scappato e non l’ho più rivisto».
Tornato al villaggio, Battista non fece che pensare a Bianca. In primavera, conduceva le sue pecore al pascolo sull’altopiano erboso e si fermava per suonare i suoi brani più belli sperando che la bella Bianca venisse ad ascoltarlo. Ma, pur avendo l’impressione che lei non fosse lontana, non riuscì mai ad avvicinarla di nuovo.
Il pastore diventò sempre più taciturno e rimase sempre più a lungo da solo in montagna a suonare il galoubet. Una sera, verso la fine dell’estate, il gregge tornò da solo all’ovile guidato dai cani. Nessuno rivide più Battista. Alcuni dissero che le Fate, volendo conservarlo per sempre per accompagnare le loro danze, lo avessero trasformato in una pianta di Ginepro accanto alla grotta…
Termina la parabola raccolta in Provenza (Francia): «Se passi vicino al Brec d’Utelle, forse sentirai una melodia portata dal vento. Ma non avvicinarti troppo, potresti ricevere una pioggia di pietre. Le Fate non amano essere disturbate».
