a cura di don Ezio Del Favero

83 – Una semplice preghiera

Come unici beni, le erano rimasti una piccola casupola col tetto di paglia sul ciglio della strada, un gatto grigio...

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Una ragazza aveva perso suo padre e sua madre. Come unici beni, le erano rimasti una piccola casupola col tetto di paglia sul ciglio della strada, un gatto grigio, una pollastrella bianca e un arcolaio o ruota per filare. La casupola si trovava un po’ distante dal villaggio, nella regione montuosa dei “Menez Are” (in bretone), “Monts d’Arrée (in francese).

Anche se povera, Franceza – così si chiamava la giovane bretone – era sempre allegra e contenta della sua sorte. Cantava continuamente sulla soglia della porta della sua casupola mentre faceva girare l’arcolaio e i passanti si fermavano ad ascoltala e a scambiare qualche parola con lei. «Buongiorno, Franceza! Il tuo spirito è sempre allegro! Canti come un usignolo!»…

La domenica, Franceza indossava il vestito tipico della festa, il copricapo bianco, il grembiule immacolato e si recava al villaggio, come tutti, per assistere alla Messa grande. Nelle giornate di sole e di festa, non c’era danzatrice più leggera e più instancabile di lei. Suo padre, quando era in vita, era un ubriacone e viveva una vita disordinata. Sua madre non era molto meglio, così che la povera piccola era stato educata piuttosto male, e non aveva imparato né il “Padre”, né il “Nostro”, come si suol dire. Eppure, ogni mattina quando si alzava e ogni sera prima di andare a letto, Franceza recitava una piccola preghiera in dialetto che aveva composto lei stessa: «Doue da vinnigo ann ti ac ann oaled! Ha ma gwele d’ar gwerc’hezed ac oul ma dor d’ann abostoled». «Dio benedica la mia casa e il mio focolare! Metto il mio letto sotto la protezione delle Vergini e la soglia della mia porta sotto quella degli Apostoli!».

Di notte, i viandanti che passavano un po’ tardi vedevano dodici uomini che non conoscevano in piedi sulla soglia della porta di Franceza, come fossero al suo servizio. Di modo ché le cattive lingue cominciarono a insinuare che la giovane conducesse una vita dissoluta e che quelli che si vedevano presso la casupola fossero suoi amanti. 

Viste le cattive dicerie che correvano in paese sulla ragazza che viveva un po’ isolata, il rettore della parrocchia la fece chiamare e le parlò così: «Come mai, mia povera figliola, in paese corrono strane voci su di te?». «A che proposito, Monsignore?», chiese stupita la ragazza. «Si dice che ogni notte tu abbia degli amanti che riempiono la tua casa!». «Mio Dio, ma chi può parlare così? Ogni sera chiudo la porta molto presto e mi ritiro tutta sola! Stia certo, Monsignore, che quanto vi è stato riferito non è per nulla vero!».

Il rettore continuò a interrogarla: «Ma tu reciti le preghiere mattina e sera?». La giovane: «I miei genitori, purtroppo, non mi hanno insegnato le preghiere! Ciò nonostante ogni mattina e ogni sera recito una piccola preghiera che ho composto io stessa». «E quale sarebbe, mia povera figliola?». Franceza si mise a recitare in lingua bretone: «Dio benedica la mia casa e il mio focolare! Metto il mio letto sotto la protezione delle Vergini e la soglia della mia porta sotto quella degli Apostoli!».

Il rettore della parrocchia, dopo aver udito la preghiera, affermò : «Mi basta così, cara figliola! Torna a casa e continua a recitare la tua preghiera mattina e sera. E non prestare attenzione a ciò che dicono gli altri!».

Quella sera, nell’ora in cui tutti erano a letto, il rettore della parrocchia si recò egli stesso e da solo a casa di Franceza. Arrivato nei pressi della casupola, effettivamente vide dodici uomini in piedi sulla soglia della povera dimora. Tuttavia si avvicinò e, al chiaro di luna, riconobbe in quegli uomini i dodici Apostoli. Essi giungevano lì ogni notte a guardia della casupola di Franceza, senza che lei lo sapesse…

Monsignore si disse compiaciuto: «Questo dimostra che una preghiera, pur breve ma recitata con cuore buono, è più gradita a Dio di molte lunghe preghiere recitate solamente con le labbra!».

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La parabola – di origine bretone (Francia) – fotografa momenti di vita di altri tempi, simili a quelli vissuti dalla nostra gente, dove la fede aiutava a superare la dura quotidianità e le situazioni più difficili.

 Recita un augurio celtico (la cultura collegata alla Bretagna Inferiore da cui è tratta la parabola): «Che i tuoi vicini ti rispettino, i problemi ti abbandonino, gli Angeli ti proteggano e il Cielo ti accolga e la fortuna delle Colline Celtiche ti abbracci».              E ancora: «Possa il giorno più triste del tuo futuro non essere peggiore del giorno più felice del tuo passato».