La pratica del rosario e la sua evoluzione

«Una forma di contemplazione accessibile a tutti»

Il “contapreghiere”, una corda di grani fa la sua comparsa nel XII secolo

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Nella puntata precedente abbiamo visto che nel XII secolo nacque nei monasteri l’uso di recitare 150 volte l’Ave Maria nel corso del giorno come sostitutivo del 150 salmi: ragion per cui questa preghiera si chiamava Salterio della Beata Vergine Maria (il nome rosario le verrà dato molto più tardi). Nel secolo seguente, il Duecento, i domenicani diffusero questa preghiera tra i fedeli.

I certosini organizzarono il salterio mariano per decine e sempre dai certosini venne l’inserimento in questa serie di Ave Maria della meditazione sui fatti della vita di Gesù. Verso la metà del Quattrocento, certo dopo il 1439, il certosino Domenico di Prussia (1384-1460) cominciò a diffondere tra i fedeli una nuova forma di salterio mariano. Il numero delle Ave Maria venne ridotto da 150 a 50; a ogni Ave egli aggiunse un diverso riferimento esplicito ad un fatto della vita di Gesù. In altri termini il certosino Domenico riassunse la vita di Gesù in cinquanta brevi enunciazioni, le cosiddette clausole, che si aggiungevano dopo il nome di Gesù: come «…benedetto il frutto del tuo seno Gesù, nato nella grotta di Betlemme», «…benedetto il frutto del tuo seno Gesù, adorato dai Magi»; «…benedetto il frutto del tuo seno Gesù, presentato al Tempio».

Queste 50 clausole erano così organizzate: 14 riguardavano la vita nascosta di Gesù, prima dell’inizio della sua missione; 6 la vita pubblica di Gesù; 14 la sua passione e morte; infine 6 enunciati per la risurrezione di Gesù, la sua ascensione, la glorificazione di Maria.

Domenico di Prussia era stato indotto a educare i fedeli a questa novità nel salterio mariano, ispirandosi a quanto scritto da suo priore Adolfo di Essen in un’opera che venne conosciuta alla sua morte avvenuta nel 1439. Il titolo dell’opera era La nobiltà, l’utilità e il grande frutto del Rosario della beata e gloriosa Vergine Maria; in un punto vi si legge: «bisogna recitare l’Ave Maria meditando sulla vita di Gesù e di sua madre Maria. Si tratta quindi di una forma di contemplazione che nella sua semplicità è accessibile a tutti, e in primo luogo ai fedeli senza particolari istruzioni».

Queste clausole erano insomma le antenate dei misteri. Sulla scia di Domenico di Prussia si andarono componendo “salteri della Beata Vergine” con una gran varietà di clausole, arrivando sino al salterio di 150 Ave Maria, ognuna con una diversa clausola.

I domenicani che erano assai attivi a diffondere questa preghiera tra i fedeli, operarono una semplificazione, dal momento che non era certo facile ricordare, nel caso migliore, 50 diverse clausole (cioè episodi della vita di Gesù). A realizzare questa semplificazione fu nel 1521 il domenicano Alberto da Castello il quale ridusse i misteri a 15: uno per ciascuna decina dell’intero rosario. Questi 15 misteri potevano essere enunciati all’inizio della decina o come clausola a ogni Ave Maria, variando chiaramente ogni dieci Ave Maria.

Questa forma di recitare il rosario si impose lungo il corso del Cinquecento grazie alla predicazione dei domenicani e alle confraternite mariane, che essi fondavano e animavano tra i fedeli.

Intanto nel corso del Quattrocento questa preghiera passò dall’essere chiamata “Salterio della beata vergine Maria” a essere indicata col nome di “Rosario della beata vergine Maria”.

Per estensione il termine “rosario”, oltre che la preghiera, passò a indicare anche lo strumento che si usava per la conta delle Ave Maria. Vediamo come evolse nel tempo questo oggetto.

Per recitare i “Salteri” sostitutivi di 150 Padre Nostro o di 150 Ave Maria, c’era bisogno di una corona contapreghiere. Si trattava di uno strumento noto da secoli in India e da qui mutuato dai musulmani. Un contapreghiere cristiano nella forma di una corda di grani fa la sua comparsa nel XII secolo e veniva detto “Pater noster”, in quanto utilizzato per contare tale preghiera.

Questo strumento verrà chiamato “corona” o “rosario” a partire dal XV secolo, cioè da quando il Salterio di Maria ricevette l’organizzazione in decine. Rosarium significa “corona di rose”. Questo appellativo, e altri similmente poetici, venne rivolto a Maria a partire dal XII secolo. Con serti di rose, nel Basso Medioevo, si ornava il capo delle statue della Madonna. Se già il certosino Adolfo di Essen (1439) usava il termine “rosario” invece di “salterio di Maria”, fu il domenicano Alain de la Roche (1475) a dare il maggiore impulso per la diffusione del termine rosario. Di riflesso, il nome di rosario venne dato anche allo strumento usato per la conta, che prese pure la forma circolare (e non più lineare) a imitare la ghirlanda di rose. Le corone di rose che si mettevano in capo alle statue della Madonna (rosarium) in Francia eran dette chapel (cappello), di cui chapelet è il diminutivo: a tutt’oggi in Francia il rosario è detto chapelet.

don Claudio Centa
(2 – continua)

Albrecht Dürer, Festa del rosario, 1506, Praga, Galleria nazionale. Il significato originario di “rosario” è bene illustrato da questo grande dipinto (cm 162 x 195) del celebre pittore tedesco: la Vergine, Gesù Bambino e gli angeli distribuiscono ghirlande di rose. Tutti i membri della Cristianità, dai popolani ai nobili, sono raccolti attorno al trono della Vergine Maria; ad essa sono più vicini i detentori delle somme autorità: l’imperatore Massimiliano d’Absburgo e il papa Alessandro VI.