Nella bolla del 1300, con la quale indisse il primo giubileo della storia, papa Bonifacio VIII stabilì che l’anno santo doveva ripetersi ogni cento anni, nell’anno secolare
Dovettero però trascorrere più di 150 anni affinché il giubileo trovasse la sua scadenza regolare. Nel 1342, in occasione dell’elezione di papa Clemente VI, una folta delegazione di romani, in rappresentanza dei vari ordini sociali della città, si recarono ad Avignone, ove la Sede Apostolica si era stabilità dai primi anni del secolo, per rendere omaggio al nuovo pontefice e per presentargli due richieste: il ritorno della Sede Apostolica a Roma e inoltre che venisse anticipata la celebrazione del giubileo. Infatti, sosteneva questa delegazione di Romani, la brevità della vita umana non permetteva alla maggior parte dei fedeli di poter prender parte ad un giubileo e di godere dei benefici spirituali. È chiaro che i Romani erano mossi soprattutto dalla considerazione dei vantaggi che ne sarebbero derivati alla loro città, la cui vita economica era sempre più languente.
Clemente VI non assecondò la prima delle richieste, ma esaudì la seconda. Con bolla del gennaio 1343, Clemente VI decise che il giubileo si sarebbe celebrato ogni 50 anni. Il pontefice fondava la sua decisione facendo riferimento all’uso ebraico dell’anno giubilare, celebrato dagli ebrei al termine di sette settimane di anni, vale a dire ogni 50 anni. Con questo documento si faceva riferimento per la prima volta al testo biblico circa la celebrazione del giubileo:
«Noi, invece, rivolgendo l’attenzione al fatto che nella legge mosaica (che il Signore non venne ad abolire, ma a portare spiritualmente a compimento) il cinquantesimo anno veniva ritenuto giubileo della remissione e della gioia (…) e al fatto che lo stesso numero cinquanta nei due Testamenti viene singolarmente onorato (…) e volendo che siano quanti più coloro che partecipano di tale indulgenza, essendo pochi, in confronto ai molti, in grado, per via della brevità della vita umana, di pervenire al centesimo anno d’età (…) abbiamo stimato di ridurre la predetta concessione dell’indulgenza al cinquantesimo anno».
Il documento stabiliva poi che durante l’anno 1350 nella città di Roma si sarebbe tenuto il giubileo e che si sarebbe potuto lucrare l’indulgenza alle condizioni stabilite da papa Bonifacio VIII. Una sola la novità introdotta da Clemente VI: alla visita stabilita dal suo predecessore alle due basiliche di San Pietro in Vaticano e di San Paolo fuori le mura, Clemente VI aggiungeva la visita alla basilica di san Giovanni in Laterano. Due anni dopo, con una nuova bolla del 18 agosto 1349, Clemente VI indiceva l’anno giubilare a partire dalla festa di Natale di quell’anno e per tutto il 1350.
Una nuova variazione venne decisa da papa Urbano VI. Si era al tempo del più lungo scisma che scosse la Chiesa in Europa e che fu particolarmente gravido di conseguenze virulente per i dibattiti teologici. Vi era un papa ad Avignone ed un altro a Roma, appunto Urbano VI. Tra le alterne vicende delle due parti che si contrapponevano, accadde che nel 1386 Urbano VI dovette abbandonare Roma e cercare rifugio a Genova. Fece ritorno nell’Urbe nel settembre del 1388 e, con il più che probabile intento di riguadagnare il favore dei Romani, stabilì che l’intervallo tra un giubileo e l’altro fosse di 33 anni anziché di 50. Nella sua scelta Urbano VI faceva esplicito riferimento agli anni della vita terrena di Gesù. Dal momento che tale lasso di tempo dall’ultimo giubileo (1350) era appena trascorso, annunciò che il prossimo anno santo si sarebbe tenuto nell’anno 1390.
Stando alla decisione di Urbano VI, il seguente giubileo doveva cadere nell’anno 1423 e quindi nell’anno secolare 1400 non doveva tenersi il giubileo. Ma anche in questo caso furono i fedeli a influire diversamente sulle decisioni del pastore.
don Claudio Centa
(4- continua)
Nella foto: Avignone, Palazzo dei Papi. Sala del Concistoro. In questo grande salone gotico, il 27 gennaio 1343, Papa Clemente VI promulgò la bolla Unigenitus Dei filius. Con la quale indiceva il giubileo per l’anno 1350 e fissava a 50 anni la periodicità dell’anno santo.