Abbiamo contemplato la sua gloria

Omelia nel Natale del Signore
25-12-2024

Isaia 52,7-10; Sal 97 (98); Ebrei 1,1-6; Giovanni 1,1-18

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14). Siamo nel cuore della storia, lì dove tutto è ancora incandescente e troppo luminoso per noi. A ragione l’evangelista Giovanni ci avverte: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1,18).

Tutti noi siamo come il giovane Giovanni quando ha incontrato Gesù per la prima volta su indicazione di Giovanni Battista: «Ecco l’agnello di Dio!» (Gv 1,36). Ne proviamo il fascino, ma anche ci sfuggono le profondità della sua vicenda, del suo mistero: quel suo essere Verbo-Parola che «si fece carne». Ma c’è anche quel suo «abitare in mezzo a noi» che ci tocca da vicino, inoltre il suo essere figlio «che viene dal Padre» per cui sentiamo di appartenergli, perché anche noi siamo innanzitutto figli e figlie, lungo tutta la nostra fragile vita.

Giovanni all’inizio del suo Vangelo – come abbiamo ascoltato – ci trascina fino a sfiorare colui che «nessuno ha mai visto»: Dio. Ci indica qualcosa di inimmaginabile: il «seno del Padre» abitato dal «Figlio unigenito».

Ecco nella celebrazione del Natale noi siamo qui addossati a questo ineffabile mistero, ma in realtà siamo semplicemente dinanzi a un bambino, nato da Maria, addirittura «adagiato nella mangiatoia», a cui è messo il nome di Gesù, come dice l’evangelista Luca (2,12). Oggi, nel nostro celebrare, è lì così: adagiato e bisognoso delle attenzioni e delle cure di una donna, Maria sua madre e di Giuseppe che lo protegge con la sua paternità. Eppure ancora incapace di parlare è lì per rivelarci, narrarci, descriverci, per farci gustare Dio e tratteggiarci il suo volto di Padre. Come abbiamo ascoltato dalla Lettera agli Ebrei: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo» (1,1-2).

Carissime, carissimi, tutta questa luminosità insostenibile è nella nostra storia, nelle nostre piccole e fragili vite a iniziare da quel bambino nato da Maria!

A questo nostro mondo, come dice Giovanni l’evangelista, è dato di ricevere «grazia su grazia» (Gv 1,16). Sì proprio a noi tutti è dato di contemplare ciò che l’evangelista chiama “gloria”: «E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (1,14).

In questo Giubileo, aperto ieri sera da papa Francesco, siamo invitati a diventare “pellegrini di speranza”, non viandanti di cose vuote, di chiacchiere inutili, di false promesse, di illusioni, di presunzioni e di ricchezze da possedere: “pellegrini di speranza” che confidano in quell’inerme figlio primogenito, nato da Maria e «adagiato nella mangiatoia».

L’antica profezia di Isaia, ascoltata nella prima lettura, dice così: «Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio» (52,10). L’abbiamo ribadito nel canto del salmo responsoriale.

È la speranza più grande a cui la celebrazione del Natale ci inizia e nella quale ci radica: speranza per tutti i confini della terra. «Tutti i confini della terra», non i nostri soltanto! Sperare in questo è possibile.

Desidero condividere con voi l’augurio che ho ricevuto da parte del Presidente della Federazione Islamica del Veneto, Ait Alla Lhoussaine: «Nel giorno in cui i nostri Sorelli e Fratelli Cristiani ricordano la miracolosa nascita di Gesù Cristo Figlio di Maria, Messaggero di Dio l’Altissimo, uniamoci a loro nella comune Preghiera: perché la Misericordia di Dio sia la nostra guida e perché la Sua pace abiti i nostri cuori, rendendoci veri Uomini e Donne di PACE, nelle nostre Famiglie, nel nostro ambiente di lavoro, di vita, nelle nostre Comunità di appartenenza, nella società Italiana di cui tutti insieme facciamo parte. “Gareggiate in opere Buone” (Corano 5-48). “O voi che credete! Entrate tutti nella Pace” (Corano 208).

Auguriamo ai Fratelli e alle Sorelle Cristiane un Natale di pace e serenità e Preghiamo insieme per consolidare l’unità della famiglia umana e per la PACE in Tutto il Mondo».