Molto numerose sono state le persone intervenute alla marcia per la pace a Feltre in piazza Maggiore la sera di venerdì 4 marzo. Giovani e anziani, bimbi con i genitori o i nonni, gruppi di amici, in coppia o da soli, italiani e stranieri, amministratori e parroci, sindaco e vescovo. Molti e diversi, ma uguali, uniti e solidali per dire “no” alla guerra. Nelle parole del primo cittadino feltrino Paolo Perenzin l’orgoglio di essere europeo, ma in una terra senza armi; in quelle del vescovo Renato quello di essere tutti fratelli e sorelle nel segno della pace: «Il fumo che sale dalla nostra terra vorremmo che fosse solo il fumo dell’incenso, non il fumo delle bombe, dei cannoni e della devastazione». Una piazza gremita, alla presenza della comunità ucraina feltrina che brandiva palloncini gialli e azzurri e impugnava bandiere del proprio paese, i colori ucraini sfavillanti nelle giacche, nei berretti e nelle sciarpe.
Centinaia le persone che sono state capaci di osservare un silenzio, che aveva del surreale e insieme del sacro, prima che venissero pronunciate le parole delle autorità; sulla parete delle fontane lombardesche di piazza Maggiore la lucente proiezione di un’immagine mariana, venerata in un santuario ucraino, mentre di fronte a Lei uno degli astanti imbracciava una croce di legno dalle forme essenziali; le fiammelle delle fiaccole che richiamavano le luci gialle e blu riflesse sulla torre civica del Campanon, simbolo della città di Feltre. E poi, tutti insieme, si sono trovati fianco a fianco a scendere per la fiaccolata lungo via Mezzaterra, con la luce della speranza a guidarli fino alle porte della Concattedrale di San Pietro, dove l’assemblea ha pregato affinché «il Signori doni al mondo la pace». Infine, su tutti è sceso, prima della benedizione, il saluto e l’augurio del Vescovo: «Beati voi!». [IP]