Racconto della celebrazione penitenziale del 23 dicembre

Nulla è impossibile a Dio

Sono arrivati in molti e alcuni non hanno trovato posto

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Una celebrazione con due valenze, per chi era in presenza e per chi collegato via televisione o Facebook. Per chi era in Cattedrale mercoledì 23 sera alle 17, il rito era quello per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e assoluzione generale, con valore sacramentale: la possibilità di celebrarlo è stata concessa a Roma per le diocesi trivenete, e subito fatta propria dal vescovo Renato, nel tempo di Natale 2020 contrassegnato dal Covid. Per chi era collegato, la stessa è diventata una celebrazione della riconciliazione, come momento di preparazione al Natale e per permettere anche a chi non ha potuto partecipare in presenza nelle parrocchie di avere un momento di preghiera, di raccoglimento e di ascolto per chiedere personalmente perdono a Dio.

In ogni caso di questa celebrazione ha colpito soprattutto la gente. Sono arrivati in molti; purtroppo alcuni non hanno trovato posto in cattedrale a motivo delle disposizioni sanitarie. Tutti inginocchiati all’invito del diacono per il rito della confessione e assoluzione generale, ritmato da una preghiera litanica, dal Padre Nostro e dalla formula di assoluzione.

Era stato ascoltato il Vangelo dell’Annunciazione e della Visitazione, con il canto del Magnificat. Il Vescovo Renato, nella sua omelia, era entusiasta: «Questo momento di preghiera si identifica con l’incontro tra Maria ed Elisabetta, in cui raccontarci come benedetti da Dio. Qui nasce quel perdono, che noi chiederemo tra poco». Si è soffermato sulla frase dell’arcangelo Gabriele: «Nulla è impossibile a Dio»: «la Chiesa lo sta imparando – ha detto il Vescovo – la sua misericordia non ha limiti e il suo amore è creativo».

Molte le domande aperte dal Vescovo in questa celebrazione, come un esame di coscienza spalancato sul futuro: «Ci affidiamo a questa rivelazione dell’angelo, come ha fatto Maria? Mi fido del suo amore? Cosa posso confidare a Dio di me e dei miei familiari? Maria, col suo carico di vita in gestazione, che cosa rappresenta per me e per noi?». E la celebrazione con due valenze si è unificata al ricordo di chi si era collegato, specie degli anziani e malati: «La Promessa di Dio è creatrice nella nostra vita. È possibile che Dio sia nelle stanze monotone dell’ospedale e delle case di riposo per anziani». Per la diocesi di Belluno Feltre un passo importante verso il Natale in cui celebrare «un Dio così umano, così tenero e delicato, pur così vero; ma umano», per usare ancora le parole del Vescovo.

don Giuseppe Bratti