100 persone a Col Cumano per la Giornata nazionale del dialogo cristiano islamico

Celebrazione della fraternità

«Dio vuole l’amore e la fratellanza; e l’incontrarsi dei popoli in un’unica famiglia umana» (Papa Luciani)

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Una celebrazione della fraternità che è nei sogni di ogni uomo e di ogni donna e nel cuore di ogni fede e religione. È quanto accaduto per la Giornata nazionale del dialogo cristiano islamico, edizione di Belluno-Feltre, nel pomeriggio di sabato 27 ottobre al Centro «Papa Luciani», con più di 100 persone, cristiane e musulmane, che hanno sfidato la pioggia battente per ascoltare le relazioni di Paolo Frizzi, del Movimento dei Focolari, e di Hamid Zariate, medico di base e imam in provincia di Biella.

Quasi con una punta di commozione («sono contento che questo incontro si svolga nel Centro dedicato a Giovanni Paolo I», ha detto) Frizzi ha iniziato con il racconto di come si sia imbattuto in alcune omelie e interventi di papa Luciani dell’estate 1978, prima e durante il pontificato. In questi, il Papa del sorriso diceva come già nell’ultimo scorcio del secolo passato fosse necessario «diffondere una coscienza universalistica: siamo tutti cittadini del mondo, quindi alcune questioni si possono risolvere oggi solo su questo piano. Dio vuole l’amore e la fratellanza; e l’incontrarsi dei popoli in un’unica famiglia umana». Oggi, ha detto Frizzi, «si fa fatica a comprendere quell’universalismo preconizzato da Luciani: si legge ‘universalismo’ e si pensa ‘globalizzazione’».

Le relazioni si sono quasi subito evolute in testimonianze e racconti di esperienze, a partire di quella di Zariate, capace di scherzare sulla propria fede… calcistica e di raccontare aneddoti divertenti sui pregiudizi di cui è stato vittima e di come sia riuscito a superarli e farli superare. «Non interrompete questo viaggio del dialogo» ha esortato Zariate e ha proposto incontri «capaci di togliere il qualunquismo e che non abbiano paura di conoscere le differenze: chi è Dio, chi è Allah; chi è Gesù Cristo, chi è Maometto; cos’è il Corano e cos’è il Vangelo». Giulio Battaiola e Mohamed Meraga hanno raccontato a due voci la storia di dialogo nel bellunese (che si fa iniziare con la Marcia per la pace dell’8 dicembre 2015, dopo i fatti del Bataclan di Parigi); Assia Behladj ha portato la sua esperienza di donna e mamma algerina che vive a Belluno e in dialogo con lei Angela De Cassan ha raccontato la propria storia, cioè quella di una bellunese che ha vissuto, con la sua famiglia, nel cantiere in Algeria dove lavorava il marito: «I nostri figli e i bambini algerini si capivano benissimo, senza scambiare una parola nelle rispettive lingue: avevano scavato una buca nella sabbia sotto la rete di protezione del cantiere e da lì si passavano i giochi».

E poi la voce dei nuovi bellunesi, gli immigrati: hanno preso la parola, con un italiano ora stentato ora già maturo, le persone che sono state ospiti della comunità di San Gregorio e quelle tuttora ospiti della cooperativa Dumia. Tutti a ringraziare gli abitanti dei vari paesi e comunità che li hanno accolti. E il grazie ai bellunesi è stato anche la nota iniziale del pomeriggio: nei saluti istituzionali, che hanno visto anche l’intervento del sindaco Ennio Vigne (il presidente della Provincia Padrin è stato trattenuto dagli imprevisti legati al maltempo), l’imam Hassan Frague ha detto: «A Belluno abbiamo trovato gente che crede nei valori del dialogo». «Siamo bellunesi non solo per sangue, ma per chiamata – ha detto il vescovo Renato Marangoni – Siamo qui per un pomeriggio di studio e di ricerca, ma fermentata dal desiderio di fraternità. Nel cuore di ogni fede e religione c’è questo ardente desiderio».

don Giuseppe Bratti