Se ci chiedessero di spiegare in breve che cosa celebriamo in questa domenica, più di qualcuno potrebbe essere almeno un poco imbarazzato. Potremmo, per toglierci dall’impiccio, ricorrere ai testi della liturgia: ma saremmo forse scoraggiati dalla densità e dalla ricchezza con cui le preghiere di questa domenica affrontano l’ardua impresa di dare almeno qualche spunto, qualche appiglio per poter nutrire la vita della Chiesa del mistero affascinante della Santissima Trinità.
Dopo la Pentecoste, dopo la discesa dello Spirito sugli Apostoli e il loro invio a portare il Vangelo sino ai confini della terra, l’Anno liturgico ci invita a guardare oltre, nel cuore della vita stessa di Dio. Gesù, nel brano di Giovanni che ci accompagna in questo giorno, ci dice che non è una verità immediata, ma che richiede un tirocinio, un allenamento, una gradualità: è lo Spirito Santo che ci guida alla verità, a tutta la verità, e che ci rende partecipi di quel dono di amore continuo che costituisce la vita di Dio. Stare davanti al mistero della vita stessa di Dio, meditare sull’abisso d’amore che Dio è, non è perdere tempo, e neppure mancare a quella “fedeltà alla terra” che sigilla l’autenticità del nostro cammino spirituale, perché il nostro modo di pregare, di celebrare, di pensare Dio influiscono sul nostro modo di vivere la fede, di stare nella società come cittadini e cittadine responsabili ed attenti agli altri, di rapportarci al mondo e alla storia.
Non è la stessa cosa stare davanti ad un dio chiuso nella perfezione dell’eternità, che non si lascia scomporre da nulla e da nessuno, o accostarsi ad un Dio che continuamente è movimento di amore, continuamente è mancanza riconosciuta e colmata dalla presenza dell’altro, continuamente è gioia per la novità della vita che nasce in una relazione d’amore La Sapienza, protagonista della prima lettura che abbiamo ascoltato dal libro dei Proverbi, che è stata identificata – nella Tradizione della Chiesa – con il Figlio e che gioca davanti a Dio, ci lascia intuire la gratitudine e lo sguardo colmo di stupore che scorrono tra le persone della Trinità.
Anche noi siamo diventati partecipi della vita di Dio nel battesimo, nell’Eucarestia, nella confermazione: lo ribadisce con forza la lettera ai Romani, con il suo profondo linguaggio teologico: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo». Ed è lo Spirito Santo, per mezzo della Parola che abbiamo ascoltato questa domenica, che ci guida alla consapevolezza che anche noi possiamo avere, sulla nostra vita, sul mondo che ci circonda, lo stesso sguardo di riconoscenza e di bellezza, e sperimentare la stessa intensità e qualità di relazione che sono la vita del nostro Dio, di un Dio che è comunione di amore, che è dono, che è reciprocità. Il Salmo che abbiamo pregato insieme ci ricorda che l’essere umano racchiude in sé la grandiosa possibilità di amare, di scoprire nella nostra quotidianità la potenza feconda della vita intima di Dio e di condividerla.
Se guardiamo alla nostra esperienza concreta, alle relazioni che costituiscono il sapore e il tesoro della nostra vita, comprendiamo che lì dove c’è il dono reciproco, dove l’amore muove i suoi timidi passi, si nasconde la presenza di un mistero infinitamente bello, capace di donare, nella concretezza della semplicità disarmata, una pienezza inaspettata. Signore, Dio Trinità, comunione di amore infinito ed eterno, regalaci occhi capaci di scoprire la bellezza che abita in noi e intorno a noi, nelle persone che ci stanno accanto e che condividono con noi il cammino della vita. Aiutaci a tradurre in concretezza, in vita vissuta, la contemplazione del tuo infinito Mistero che oggi viviamo nella liturgia, nella Parola proclamata e nel pane spezzato.