Convegno Triveneto di Pastorale della Salute

Essere prossimi alla fragilità

«La malattia, vissuta nella solitudine, è peggiore ancora della malattia stessa»

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Si è svolto a Vittorio Veneto, sabato 7 ottobre 2023, il Convegno Triveneto di Pastorale della Salute dal titolo “Essere prossimi alla fragilità”.

Ha aperto la mattinata il Vescovo di Vittorio Veneto, Mons. Corrado Pizziolo, e si sono poi alternati con i loro interventi e il dialogo in assemblea il dr. Paolo Fortuna, Direttore Generale dell’ULSS 6 Euganea con sede a Padova, ed il Direttore dell’Ufficio Nazionale di Pastorale della Salute don Massimo Angelelli. Ha condotto la mattina il dr. Gian Antonio Dei Tos, medico e bioeticista, attualmente Direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute di Vittorio Veneto.

Il tema della fragilità è stato affrontato, in un primo momento, con un’accurata analisi della situazione della popolazione italiana e con una riflessione sulla precarietà attuale del SSN e, in un secondo momento, dalla sottolineatura delle sfide che oggi la Chiesa, in questo scenario complesso, deve affrontare.

Il dr. Paolo ha detto che “in una società sempre più anziana, l’attenzione alle nuove situazioni di vulnerabilità dovrebbe essere una priorità assoluta: la nostra esistenza, infatti, è sempre più condizionata dalle patologie cronico-degenerative che colpiscono l’anziano e non solo. Se da un lato l’invecchiamento della popolazione segnala come la medicina abbia offerto una maggior aspettativa di vita, dall’altra non si può negare che questo, però, ha comportato anche il conseguente aumento di situazioni di cronicità. La recente emergenza pandemica ha ulteriormente messo in luce tale fragilità e le difficoltà del Servizio Sanitario (che non è solo un sistema, ma concepito dal suo nascere come un vero servizio), di rispondere con efficacia ai bisogni di salute della popolazione, che fin dalla sua istituzione, avvenuta con la L. 833 del 1978, si basa sui principi di universalità, uguaglianza ed equità; garantendo dunque a chiunque, indipendentemente dal reddito, età o stile di vita, l’accesso alle cure.

Oggi la carenza di personale medico e delle professioni sanitarie (conseguenza anche di un problema a livello motivazionale), il finanziamento sempre più scarso di risorse ricevute dallo Stato (senza parlare dello spreco delle stesse a causa della medicina cosiddetta “difensiva”), la precarietà esistenziale dei giovani, la questione delle liste d’attesa (fenomeno ambiguo perché può essere usato per fornire un giusto filtro o come strumento di potere per incentivare lo sviluppo del privato a scapito del pubblico) … tutto questo sta mettendo a dura prova la tenuta e lo sviluppo del SSN. Non può lasciarci indifferenti – ha proseguito ancora il dr. Paolo Fontana – perché la sanità del domani dipende da tutto questo”.

Alla luce di questi aspetti e del successivo dibattito in assemblea, si sono inserite alcune riflessioni sul recupero antropologico dei concetti di prestazione e di cura da parte di don Massimo Angelelli: la presa in carico di una persona non può ridursi al suo stato fisico, ma essa deve integrarsi al resto. La persona umana è un unicum e si compone della dimensione biologica, psichica e spirituale; la malattia o certe condizioni di vulnerabilità, quando appaiono, mettono in crisi tutto il “sistema uomo”.

“Fragilità e vulnerabilità sono due cose diverse – ha sottolineato Angelelli: la prima è costitutiva di ogni persona e non va eliminata ma protetta; la seconda avviene quando la fragilità non è più in sicurezza, come un bicchiere di vetro al limite di un tavolo”.

Un’altra distinzione importante sottolineata è stata quella tra dolore e sofferenza: “Il dolore è un fenomeno fisiologico in cui il corpo dice che c’è qualcosa che non va; la sofferenza ha, invece, un carattere psico-spirituale, che è altro rispetto al dolore. Dunque può esserci sofferenza senza dolore, e viceversa”.

È proprio qui che emerge l’importanza del ruolo degli operatori della pastorale della salute: sono a fianco dei curanti, nel luogo in cui si trovano i pazienti, o sono coloro che, nelle comunità parrocchiali, si fanno sentinelle della sofferenza degli altri. Sempre più il servizio dovrà agire non solo in Ospedale, dove svolgono il loro servizio i Cappellani ospedalieri ma, tenendo appunto conto della medicina di comunità e della cura domiciliare dell’anziano e non solo – spesso in solitudine – dovrà spostarsi sul territorio.

È su questo che don Massimo invita ogni Diocesi a camminare nei prossimi anni: mappare le esigenze ed analizzare i bisogni, provando ad innestare e a portare avanti una conversione culturale che si fa carico dei sofferenti, in cui la Chiesa si fa prossima e costruttrice di ponti di sostegno e aiuto.

«La malattia, vissuta nella solitudine, è peggiore ancora della malattia stessa».

Lisa Fossen