A cura di don Paolino Rossini (28ª domenica del tempo ordinario - Anno B)

Fissò lo sguardo su di lui e lo amò

La fede non può limitarsi ai “no”. È vita, è un un “sì”: «Va’, vendi, dona, seguimi»

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Un tale, senza nome e senza età. Uno qualsiasi che può essere anche uno di noi, va da Gesù e gli fa una domanda: «Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».

È una domanda che di solito non si fa. Preferiamo non farla! L’oltre-vita, il dopo-pensione, il paradiso… si preferisce lasciar da parte, per il momento! Ereditare è parola importante nella Bibbia, perché l’eredità alla quale il credente pensa è Dio stesso, e quello che Dio ha promesso: «Dio è mia parte di eredità…». La vita eterna, la nostra eredità oltre questa vita è una domanda coraggiosa, essenziale. Ma non è come andare al supermercato: scelgo, metto nel carrello e pago.

La domanda di quel tale (che può essere ciascuno di noi) è da supermercato: che cosa devo fare per avere, per comperare? La fede non è così. Non è un rito freddo, automatico: devo – faccio – ottengo.

La fede è questione di libera scelta e di amore. La fede non è dovere, non è pagare un prezzo… è un dono, uno scambio di doni ricevuti, un dono gratuito che non si compra. Questa è la prima domanda di un test sulla fede e se essa dice che la pensiamo così, c’è in noi un’idea falsa di Dio: un Dio contabile da supermercato e non Padre. Tante volte nella vita possiamo vivere una fede da supermercato: io faccio questo perché Dio mi dia questo.

C’è un secondo punto di un test sulla nostra fede. Gesù offre il vero volto di Dio al quel tale (e a ciascuno di noi): «Fissò lo sguardo su di lui e lo amò». Questo è Dio! Qui nasce la fede: non un dovere, non qualcosa da fare o da pagare, ma lo sguardo di Dio fatto di amicizia, di amore da accogliere.

Il bello della vita cristiana è qui…, se essa non si fonda su quello che siamo capaci di fare, ma sullo sguardo di Dio. Se la nostra fede è un po’ stanca, cerchiamo lo sguardo di Dio. Lasciati guardare mettendoti in adorazione, lasciati perdonare davanti al Crocifisso, sentiti benvoluto e stimato da lui che è Padre. Il suo sguardo va oltra la nostra immagine, laddove uno non si è mai visto nella sua debolezza, nella sua fragilità, nel suo bisogno di essere amato.

C’è il terzo punto di un test sulla fede: la gratuità, cioè fare le cose gratuitamente e per amore. «Una cosa sola ti manca» – dice Gesù a quel tale – «vendi, dà ai poveri, vieni, seguimi».

È quello che manca forse ancora anche a noi. Forse si fa il minimo indispensabile mentre Gesù invita al massimo possibile. Forse ci si accontenta dei doveri, dei precetti, di qualche preghiera… mentre Dio ci dà la vita e ci domanda slanci di vita.

Va’, vendi, dona, seguimi: è la vita, è un “sì”. La fede non può limitarsi ai “no”: «Non uccidere, non commettere, non rubare, non dire il falso…».

La fede senza dono, senza gratuità è una fede incompleta, debole, malata. Sarebbe come un pranzo abbondante, ma privo di sale: manca il sapore. Papa Francesco, appassionato tifoso di calcio fin da piccolo, lo dice così: «Una vita cristiana senza amore gratuito è come una partita ben giocata, ma… senza goal».

Una fede senza dono, senza opere di carità alla fine rende tristi, come quel tale che se ne andò scuro in volto, pur essendo stato guardato con amore da Gesù.