Giovani alla ricerca di… (D)io

Scopriamo come il mondo interiore dei nostri giovani sia ben più ampio e profondo di quanto si immagini

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La notizia della preparazione alla prossima Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, evento verso cui è incamminato un significativo gruppo di giovani della nostra diocesi, permette di mettere a tema alcuni aspetti relativi a questo mondo – quello dei giovani – dalla prospettiva quantomai (apparentemente) lontana della fede.

Il punto di partenza di questo affaccio parte dalla costatazione molto empirica di osservare le nostre assemblee domenicali. Sembra quasi banale nella sua evidenza come la presenza assidua alle nostre liturgie sia assicurata da chi ha i capelli sempre più bianchi, in cui può capitare che chi presiede la celebrazione – parola dello scrivente – sia il più giovane di tutta l’assemblea. Evidenza ben nota che rimandiamo alla riflessione ben più approfondita di vari studiosi (Garelli, Matteo, Castegnaro, Bignardi, per citare i più rinomati) che da diversi anni si stanno interrogando per aiutarci a fissare qualche punto fermo per comprendere come inevitabilmente qualcosa stia mutando nella nostra autocomprensione di fede, di vita cristiana e come in tutti questi fronti i giovani siano vettori di un novum che interroga.

Riguardo al tema “giovani” negli ambienti di Chiesa si rischia di continuare ad indulgere in due rischiose semplificazioni: da una parte nel facile ottimismo dei raduni di massa che illudono che un rimasuglio di affezionati ci sia ancora (Gmg docet!) e dall’altra – la maggior parte dei casi – nella catastrofica visione di un mondo religioso letteralmente allo sfacelo. Ci accorgiamo subito che non è così semplice definire o circoscrivere il discorso: ci basti allora partire da alcune tracce di riflessione.

Risulta molto interessante riflettere su cosa ci dicono le recenti indagini sociologiche circa la vita spirituale dei giovani (cfr. P. Bignardi, D(io) allo specchio in Vita Pastorale, 1/2023, 26-27) per scoprire come il mondo interiore dei nostri giovani sia ben più ampio e profondo di quanto si immagini. Lo stesso lessico da loro utilizzato nel descrivere quanto provano rivela una ricchezza di sfumature estremamente variegato: in un mondo sempre più veloce, continuamente connesso ed estremamente soggetto a mutamenti, risulta fondamentale la ricerca di un’autenticità che permetta di fermarsi e di creare spazio. A Dio? Non proprio, o almeno non così distintamente. In questo senso capiamo come ricerca di “Dio” e ricerca del proprio “io” vanno sempre più a mescolarsi. La linea tracciata da queste ricerche denota allora sempre più la cesura del legame consequenziale tra fede e spiritualità: non è l’appartenenza ad un definito credo religioso con tutto il suo portato dogmatico e valoriale che determina una ricerca spirituale; è bensì la personale ricerca del senso delle cose – spesso originata dalla percezione della propria fragilità – che può condurre a cercare un oltre, anche se che non necessariamente ha il volto di Dio… come anche sì. Risulta allora fin troppo semplice (e comodo) formulare l’equazione “giovani senza Chiesa = giovani senza Dio”, senza nulla togliere al fatto incontrovertibile di un possibile allontanamento dei giovani nelle deserte lande dell’individualismo. Tale rapporto di causa effetto genera naturalmente una visione pessimistica di una generazione che, allontanandosi dalla Chiesa, ha perso ogni riferimento allo spirituale, cadendo nel narcisismo relativista. In realtà, come abbiamo visto, i toni non sono così drastici e soprattutto così netti. La situazione è molto più complessa di quanto si creda e da questa – con buona pace di molti – non si può tornare indietro né prescindere. La nostra Età secolare, ampiamente descritta da eminenti studiosi (fra tutti, Ch. Taylor) rappresenta in questo senso un’opportunità, in cui la fede, divenuta opzione, mette sempre più in campo la libertà individuale in tutta la sua ricchezza di “sentieri” unici da percorrere.

I nostri giovani, allora, sono irrimediabilmente persi? Sono vuoti? Tutt’altro, forse sono anzi ben più profondi e sensibili delle generazioni che li hanno preceduti e si confrontano con una libertà spesso disarmante e disorientante che li getta in un mondo diventato complesso e fragile e in cui la vita di fede risulta, certo, una strada fra le tante, ma una via possibile: una strada di libertà, una strada di vangelo, tutta da scoprire.

Erredienne