A cura di don Vito De Vido (5ª domenica del tempo ordinario - anno A)

Sale e luce, città sul monte

Gesù indica il sapore della città di Dio in terra

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«Non con sapienza di parola» ci è stato presentato il Vangelo, dice san Paolo, ma con la croce di Cristo. La croce è il libro che ci basta per comprendere tutto il mistero di Cristo. Contemplare la croce è imparare a conoscere Dio. Se siamo capaci di stare di fronte al crocifisso senza esserne schiacciati, lì, davanti a Gesù che muore sulla croce impariamo ad essere sale che dona sapore, luce che rischiara chi ci sta intorno, città collocata sul monte che orienta il cammino.

Queste tre immagini che Gesù ci presenta hanno una cosa che le accomuna: il sale perde la sua forma e penetra negli alimenti su cui è gettato, scomparendo. La luce è impalpabile, inafferrabile, e riempie tutti gli spazi. La città costruita in cima al monte è evidente a tutti quelli che alzano lo sguardo e non può essere nascosta. Gesù usa il sale, la luce e la città sul monte non per invitarci ad essere sale, luce e città sul monte: Gesù dice che noi siamo già sale, luce e città sul monte: «voi siete».

Anche nella nostra vita, a volte, abbiamo avuto bisogno, o ne sentiamo l’esigenza ancora oggi, che qualcuno ci sveli a noi stessi, che ci dica come ci vede, che ci dia fiducia. Quando riceviamo informazioni positive su noi stessi, cresce la nostra sicurezza e ci gettiamo anima, corpo e spirito in quello che stiamo facendo. Quando Gesù ci dice e ci ripete queste frasi, desideriamo ancora di più impegnarci nel vivere la nostra vita di cristiani fedeli al Vangelo. Non per apparire, primeggiare, attirare lo sguardo su di noi o le nostre opere, ma per manifestare l’amore di Dio in noi a chi ci incontra, a chi ci conosce.

«Perché vedano le vostre buone azioni e diano lode a Dio». Non sempre la nostra attenzione va a Dio. Molte volte ci limitiamo a ringraziare le persone che hanno fatto qualcosa di buono per noi o per gli altri. Fino a qualche decennio fa si usava dire: “Grazie a Dio ho incontrato questa persona, grazie a Dio sono stato seguito bene, grazie a Dio sono guarito”. Era un’espressione di grande fede, perché il riferimento principale era Dio. Che è entrato nelle nostre vite attraverso la presenza e l’agire delle persone. Ma il riferimento ultimo era Lui.

Oggi ci limitiamo a lodare le persone, ma non sempre ringraziamo Dio che ce le ha messe sul nostro cammino. Pensiamo di essere stati fortunati. E non benedetti da Dio. Saper vedere Dio all’opera nella nostra vita ci trasforma in sale e luce, in città sul monte. La fede ci aiuta a non cadere nella tentazione di mettere noi stessi e le nostre forze al centro di tutto, ma a lasciare lo spazio per permettere a Dio di renderci adatti a dare sapore al mondo, di donare luce per non camminare nelle tenebre, e a non vergognarci di essere persone che a volte possono diventare riferimento per gli altri.

È più semplice cercare una guida, qualcuno che magari faccia le cose anche al posto nostro, che si carichi di responsabilità, che riuscire ad essere noi i trascinatori, faro e guida di coloro che navigano arrancando nel buio o nella rapide della corrente del tempo, che se non stiamo attenti ci trascina in un gorgo di dubbio, tristezza, pigrizia…

Dovremmo ricordarci più spesso della fiducia di cui ci circonda Gesù, del suo amore che ci rende capaci di amare gli altri e anche farci amare. Di riprendere da capo dopo ogni caduta, ricordandoci che anche gli errori ci insegnano, che proprio perché abbiamo attraversato il buio apprezziamo e andiamo verso la luce e diveniamo luce a sale a nostra volta, in grado di orientare gli sguardi non su noi stessi, ma a Dio!