Terza domenica di Quaresima

Un vangelo eccezionale

a cura di don Renato De Vido

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Possiamo dire di aver incontrato un vangelo eccezionale? Perfino le virgole di questo brano vanno valorizzate; perfino i gesti dei due protagonisti principali; perfino l’ora di questo evento, mezzogiorno, che è l’ora in cui Gesù starà regalmente appeso alla croce adempiendo le ultime formalità della salvezza, cioè le ultime formalità per narrare all’uomo la profondità dell’amore di Dio.

È proprio questo il tema della terza domenica di quaresima, e chi anticamente si preparava al battesimo della notte di Pasqua vi trovava tutti gli elementi per vivere consapevolmente il grande passo.

1. Il pozzo di Giacobbe, luogo di consueto ritrovo della gente che aveva sete, si trasforma in testimone di un appuntamento di grazia. Presso il pozzo di Giacobbe a Sicar si fondono tutte le acque della bibbia, da quella del Nilo in cui si salvò Mosè, a quelle del Mar Rosso attraversate miracolosamente, a quelle fatte prodigiosamente scaturire dalla roccia, a quelle del Giordano in cui si immerse come un umile penitente il nostro Salvatore, a quella che uscì dal costato trafitto del crocifisso.

Un uomo e una donna che soffrono la sete del meriggio; un uomo e una donna che cercano inizialmente lo stesso tipo di acqua, e che poi diversificano la loro ricerca: Cristo offre se stesso come rimedio all’arsura, la samaritana trova modo di placare tutte le piccole, istintive seti che la stavano torturando.

“Gesù non dice come i predicatori frettolosi: quest’acqua non è buona, gli amori umani sono cattivi. Non dice neppure: quest’acqua non ti dà nessun sollievo. Dice solo: se bevi di quest’acqua avrai ancora sete, svelando che fra la nostra sete profonda e l’acqua dei pozzi umani la distanza è incolmabile” (E.M.Ronchi, Avvenire 2.03.2002).

2. Da parte sua, la donna di Samaria si dimostra molto attiva nel sostenere i suoi punti di vista. È già al di là della legge, perché non conduce una vita modello; eppure resta piena dei suoi pregiudizi sul popolo giudaico cui Gesù appartiene, ed ha un gusto speciale nel fare polemica, spacciandosi per autentica interprete della religione samaritana, quasi padrona di quell’acqua fresca. Pensate: il vangelo non dice se alla fine ha aderito o meno alla domanda di Gesù, se alla fine gli ha offerto il suo secchio; di fatto, però, prima di recarsi in città abbandona lì la sua brocca che quasi non le interessa più.

Si possono registrare in lei i passaggi che talvolta fanno i convertiti, quelli veri. Dapprima spaziano tra vari interessi o vari divertimenti; poi, con l’aiuto del Signore che ancora non conoscono bene, arrivano a focalizzare meglio il fatto che stanno cercando qualcosa di più importante; infine si aggrappano saldamente alla scoperta.

3. Non dovremmo essere da meno nello scandire il rinnovamento. Dapprima riconoscendo che stiamo dissetandoci a sorgenti inadeguate. Con i vari generi di peccato, con la presunzione di non aver bisogno di consigli, beviamo a qualche sorgente avvelenata. Poi accettando che qualcuno, ma sarebbe meglio dire: che la Chiesa come comunità ci guidi, perché l’uomo, abbandonato a se stesso, non è capace di capire la parola di Dio né di raggiungerla. Ed infine godendo di quella mensa imbandita che è la vita di fede.

Magari si potesse disegnare per tutti i cristiani, da quelli tiepidi a quelli più convinti, un simile itinerario! Ma il nostro sostare umilmente presso il pozzo della Messa e della catechesi può avviare o continuare l’incontro con il vero Messia.

don Renato De Vido