Domenica prossima alle ore 19.30 nella sala parrocchiale di Lamon

Il leone e l’agnello

L’esperienza missionaria del vescovo Virgilio Pante, raccontata in un libro che verrà presentato domenica 14 aprile

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L’ambientazione del libro

Il libro “Il leone e l’agnello” (edizioni Missioni Consolata, 2024) raccoglie ricordi di vita e missione nelle terre del Samburu del vescovo lamonese monsignor Virgilio Pante. Padre Virgilio è Missionario in Kenya dal 1972, nelle diocesi di Nyeri, Marsabit, Kisumu, Nairobi e Mararal. Nel 1972 viene nominato vice-parroco di Mwena (aridiocesi di Nyeri). Dal 1979 al 1987 ricopre l’ufficio di rettore del nuovo seminario minorile di Maralal. Dal 1988 al 1994 svolge alcuni ruoli per il suo istituto in Irlanda e a Londra, ma nel 1995 è nuovamente parroco in Kenya, a Chiga (arcidiocesi di Kisumu). Nel 1996 è nominato vice-superiore dei Missionari della Consolata in Kenya e Uganda. Nel 2001 viene eletto primo vescovo della diocesi di Maralal fino al 2022. Attualmente è vescovo emerito di Maralal. La diocesi di Maralal comprende i confini geografici del Distretto Samburu e copre un’area ben più estesa di tutto il Veneto: siamo nel cuore della savana africana, regno degli animali selvatici, dove gli esseri umani sono meno di 10 per ogni chilometro quadrato. La popolazione è composta da gruppi etnici dediti alla pastorizia: Samburu (80%), Turkana (15%), Pokot, Rendille, Kikuyu, Meru e Somali per il rimanente 5%. L’ambiente geografico è semi-desertico, il pascolo è condizionato dalle piogge: non avendo risorse idriche naturali, quando arriva la siccità due terzi del bestiame viene perso. Il bestiame è la loro unica ricchezza. I Turkana, in minoranza rispetto ai Samburu, praticano, dove possibile, un poco di agricoltura, perché a loro, in molti posti, non è consentito possedere il bestiame in territorio Samburu. Queste tribù sono spesso in guerra e la missione del vescovo Virgilio Pante è, da sempre, una missione di pace.

Il libro “Il leone e l’agnello” sarà presentato a Lamon domenica 14 aprile alle ore 19.30 presso la sala parrocchiale monsignor Giulio Gaio. Nel volumetto si precisa tra l’altro: «Testo e foto dell’autore, pubblicate per dire un sincero ache oleng’ (tante grazie) a tutti gli amici che dal 2001 lo hanno sostenuto e aiutato durante gli anni del suo ministero episcopale nella diocesi di Maralal in Kenya».

La vocazione missionaria

In un capitolo del libro, monsignor Pante racconta: «Nella mia famiglia siamo cinque fra­telli e due sorelle. Tra questi, tre hanno scelto il sacerdozio e una il convento. Devo ringraziare il buon Dio che mi ha dato degli ottimi genitori, gente laboriosa e di grande fede. Come è nata la mia vocazione? La domenica mi piaceva andare a messa, fare il chierichetto e cantare nel coro. Preferivo il canto e la musica, ma invece come chieri­chetto valevo poco perché ero piuttosto di­stratto e anche timido. Un giorno il mio santo parroco, monsignor Antonio Slongo, mi chiese cosa volessi fare da grande. Gli risposi subito: “Il sacerdote, come te!”. Mi rispose: “Allora devi essere più sveglio, studiare di più e andare in seminario”. Così, il 13 settembre 1956, all’età di dieci anni, entrai nel seminario minore di Feltre e poi in seguito in quello maggiore di Belluno. Durante le vacanze estive tornavo a casa, aiutavo in campagna a fare il fieno e poi andavo in gita sulle montagne, le belle Dolo­miti. Ma la mia passione era diventare anche un bravo organista. Un bel giorno capitò qual­cosa che cambiò completamente la direzione della mia vita. Era il 2 luglio 1963 quando mi arrivò la triste notizia che un mio amico, Romano Maschio (nato nel 1941 a Lamon), era morto annegato in un torrente a Varallo Sesia (VC). Lui era se­minarista e proprio a Varallo studiava per di­ventare missionario della Consolata. Il funerale fu fatto a Lamon, nel mio paese, e ri­cordo bene la predica del missionario che pre­siedeva la messa. Disse: “Il Buon Dio è davvero misterioso. Perché si è portato in cielo questo giovane studente nativo di Lamon, mentre nella chiesa c’è ancora tanto bisogno di preti e missionari? Ma sono convinto che Dio chia­merà un giovane a sostituirlo, proprio un vero lamonese”. Queste parole suonarono alle mie orecchie come una sfida. “Forse sono io a prendere il posto di Romano? Io no, non sono all’altezza”. Pensavo che per diventare missio­nario uno doveva avere la stoffa dell’eroe, quasi un superman. E poi non mi attirava l’idea di lasciare la mia diocesi, i parenti, le monta­gne e la tastiera dell’organo…».

Nel seminario della Consolata

Continua a raccontare monsignor Virgilio: «Nel settembre del 1965 lasciai il semi­nario diocesano di Belluno per entrare nel se­minario della Consolata in Piemonte, precisamente nel noviziato alla Certosa di Pesio, in provincia di Cuneo. Ma la storia non finisce qui. Bisogna sapere che Romano non morì annegato da solo. Un suo compagno se­minarista, Vanzetto Giuseppe di Monastier (Tv), si tuffò nel torrente per salvarlo, ma anche lui morì annegato. Così i morti furono due. Perciò quelli che dovevano prendere il loro posto dovevano anche essere due. Ecco allora che Flavio, mio fratello, decise di se­guirmi e anche lui divenne missionario della Consolata. Ho saputo pure che la sorella di Vanzetto, Giulia, entrò tra le suore missionarie della Consolata. Si vede che il buon Dio ha i suoi piani misteriosi e un bel giorno li capi­remo anche noi. Se nascessi una seconda volta, vorrei ancora fare il missionario. Nel 1972 partii per il Kenya e Flavio nel 1978 per il Congo/Zaire. È bello lavorare per gli ultimi della società: io con i pastori nomadi del nord Kenya, Flavio con i pigmei cacciatori e racco­glitori delle foreste del Congo…».

Edf – Virgilio Pante