Il “no” bellunese a tutte le guerre

«Crediamo che il Signore possa fare il miracolo di una soluzione che gli uomini non riescono a trovare»

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La celebrazione in rito ucraino

La giornata bellunese per la pace in Ucraina si è aperta nella chiesa di San Rocco in piazza dei Martiti, dove ogni sabato si raccolgono i fedeli di rito ucraino per partecipare alla Messa, celebrata dal loro cappellano, don Yuriy Khodan. Prima della celebrazione, il vescovo Renato ha portato il suo saluto ai fedeli radunati, tra i quali molti erano ucraini – come attestavano le bandiere giallo-blu tra i banchi – ma non mancavano i bellunesi. Per questo, durante la celebrazione, don Yuriy ha significativamente proposto ai presenti di pregare insieme il Padre nostro anche in italiano e così per altri passaggi della liturgia. Infine ha ricordato come gli ucraini sentano molto il valore della preghiera e per questo li ha invitati a pregare: «Io spero che il Signore ci ascolti e credo che Lui possa fare il miracolo, portando quella soluzione che gli uomini non riescono a trovare».

Il presidio al Parco “Città di Bologna”

Si è concluso con l’applauso di tutti i presenti al canto dell’inno nazionale ucraino, eseguito in coro da un gruppo di badanti, il presidio contro la guerra che è stato organizzato dai sindacati questa mattina al Parco Città di Bologna di Belluno e che ha visto l’adesione di numerosi enti a associazioni, oltre che di comuni cittadini, uniti in una ferma  condanna della guerra e nella volontà di dare ali alla pace, secondo le finalità dell’appuntamento richiamate al suo inizio dal segretario provinciale della Cgil, Mauro De Carli.

Il primo intervento è stato quello di Lucia Olivotto, vice sindaca di Belluno, che ha sottolineato che il no alla guerra non è negoziabile anche perché – ha detto, citando Gino Strada – «le guerre sono dichiarate dai ricchi e dai potenti che poi mandano a morire i figli dei poveri». Massimiliano Paglini, segretario provinciale della Cisl, ha invitato ad opporsi con forza e non violenza a nazionalismi e sovranismi che costituiscono la base che fa germinare le guerre in cui, in ogni caso, c’è la certezza che ad essere sconfitte saranno sempre le persone più semplici e povere. Anche da Giorgia Li Castri, assessora di Feltre, è giunta una condanna ferma e decisa di ogni conflitto armato, con la sottolineatura che non è inutile scendere in piazza e urlare il proprio dissenso contro questa guerra che è ingiusta, come lo sono tutte. Non è inutile, anzi, «è il contrattacco che ci piace».

Il vescovo Renato ha esortato a non mollare, a continuare a lavorare per la pace che è una conquista che non è mai scontata. Di qui l’esigenza di una grande responsabilità e della consapevolezza che anche nelle situazioni più delicate c’è la possibilità di intervenire per sistemare ciò che non va e, a questo proposito, c’è molto da imparare per avere quella capacità di cura vicendevole che può aiutare a risolvere le difficoltà (e questa è anche una delle motivazioni che hanno ispirato la veglia di preghiera per la pace organizzata per questa sera alle 20.30 nel Duomo di Belluno).

Paolo Da Lan della Uil ha poi rimarcato che è giusto scendere in piazza contro la guerra in Ucraina, ma che è anche necessario ricordare che nel mondo ci sono attualmente 34 conflitti e per questo l’Occidente deve interrogarsi sul suo ruolo e sulle sue responsabilità, per esempio in fatto di produzione e vendita di armi. Da questo si misurerà – ha detto – l’autenticità o meno della volontà di pace. La crisi ucraina non dovrà passare invano e noi dovremo cambiare. Ha preso poi la parola Tiziana Bolognani che, oltre a condannare la guerra, parlando in rappresentanza dei giornalisti, ha ricordato l’importanza di garantire la libertà dell’informazione anche a tutela della democrazia e della pace.

Intervenendo a nome dell’Anpi Gino Sperandio, oltre a chiedere uno stop immediato della guerra in nome della civiltà, della democrazia e delle persone povere (che sono le vere vittime di ogni conflitto), ha ricordato che per costruire la pace è importante essere rispettosi anche nel linguaggio (un’osservazione indirizzata in particolare alla politica). Ha poi lodato l’esempio di papa Francesco che ha dimostrato che la pace non solo va invocata, ma va praticata, e per questo si è mosso in prima persona andando a incontrare l’ambasciatore russo in Italia (mentre normalmente i capi di Stato convocano gli ambasciatori presso la propria residenza).

Il deputato Roger De Menech si è poi detto convinto che il conflitto è stato generato anche da una sottovalutazione della gravità della situazione e che dopo questa guerra il mondo non sarà più come prima perché si è evidenziata l’inadeguatezza di un certo modello democratico. Di qui, oltre che a stare con decisione dalla parte della pace, l’esigenza che l’Europa faccia di più perché le tensioni vengano risolte con il dialogo e la diplomazia.

Tra le varie voci che si sono sentite anche quelle di alcuni giovani, due dei quali delle Scuole in Rete, che hanno confidato di essere animati da grandi ideali di pace e libertà e di provare orrore di fronte alla violenza che si abbatte su tanta gente comune che certo non ha responsabilità. Anche per questo è importante battersi per la pace, perché la guerra è sempre sbagliata e rappresenta una sconfitta per l’umanità.

Dopo la testimonianza di una signora del Kossovo, che ha espresso la sua solidarietà agli ucraini ricordando quanto patito in guerra dal suo popolo, è intervenuta una signora ucraina, che fa l’interprete, e che ha detto di non avere più lacrime per piangere il dramma in cui è precipitato il suo popolo e che ha fatto presente l’importanza per chi è nel conflitto di sentirsi compreso e sostenuto anche dall’estero. È stata poi la vota della testimonianza di un’altra donna ucraina, che ha parlato a nome delle badanti con cui era giunta alla manifestazione. Dopo aver ringraziato Belluno per la vicinanza, ha confidato anche lei di aver esaurito le sue lacrime e di avere anche tanta rabbia verso l’invasore e di voler bussare a tutte le porte del mondo per spiegare cosa sta succedendo in Ucraina dove si contano vittime anche negli asili e negli ospedali.

Infine, prima del canto dell’inno ucraino, le parole di un giovane russo presentatosi con in mano un cartello che recitava: «Sono russo e sto con gli ucraini». Non tutti i russi sono con Putin – ha fatto presente –  chiedendo ai suoi connazionali di andare in piazza per fermarlo, auspicando che possa essere garantita l’autonomia dell’Ucraina.  [CA]