Il Vangelo della IV domenica di Quaresima

“Illuminati”, uno dei nomi dei battezzati

Il racconto del miracolo della guarigione del “cieco nato” proposta di vita per ogni uomo

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Il percorso proposto nella Liturgia della Parola delle domeniche di Quaresima dell’anno A, prevede come già accennato negli ultimi contributi offerti ai lettori, l’incontro con Gesù che si presenta usando tre simboli significativi per la esistenza dell’uomo: acqua, luce e vita. Era il cammino proposto a chi, nella fede, si avvicinava al battesimo: i catecumeni. Erano, e sono, coloro che avrebbero ricevuto il Battesimo la notte di Pasqua. Questo percorso di proposta e di riflessione diventa anche cammino per chi il battesimo lo ha già ricevuto, e ne vuole percepire il senso esistenziale, ravvivando una scelta che segna concretamente lo scorrere dei giorni. Nella terza domenica di Quaresima ci è stato proposto Cristo che si presenta come acqua che disseta: «Chi beve di quest’acqua non avrà più sete», dice Gesù alla Samaritana. Accogliendo questo dono la donna vede trasformata in positivo la sua esistenza.

La guarigione del cieco dalla nascita

Nella quarta domenica di Quaresima, il Vangelo presenta l’incontro con Gesù da parte dell’uomo cieco dalla nascita. Al dialogo tra Gesù e i discepoli di fronte al dramma di quell’uomo, allora considerato castigo di Dio, fa seguito la guarigione prodigiosa. Il cieco ottiene il dono della vista, è il dono della luce. Prima di compiere il gesto prodigioso Gesù aveva dichiarato ai suoi discepoli: «Finchè io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Il miracolo non passa inosservato e crea reazione nei nemici di Gesù, coinvolgendo il protagonista e i suoi genitori. Il culmine del dettagliato racconto è la risposta dell’uomo a Gesù che gli chiede: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?». «Credo, Signore!», proclama, dopo aver espresso la sua volontà di capire con la domanda al Maestro: «E chi è Signore, perché io creda in lui?».

Il miracolo ed il dialogo seguente sono richiamati dalle parole della preghiera colletta che la Chiesa mette sulle labbra di chi celebra la Messa in questa domenica: «… apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato ad illuminare il mondo, e crediamo a Lui solo».

Nel Battesimo l’uomo diventa “illuminato”

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica vengono presentati alcuni aspetti del battesimo. Tra questi, al numero 1216 viene spiegato il termine “Illuminazione”. Dice il testo: «Questo lavacro è chiamato illuminazione, perché coloro che ricevono questo insegnamento [catechistico] vengono illuminati nella mente. Poiché nel Battesimo ha ricevuto il Verbo, « la luce vera che illumina ogni uomo » (Gv 1,9), il battezzato, dopo essere stato “illuminato”, è divenuto “figlio della luce” e “luce” egli stesso (Ef 5,8)».

Nel Rito del battesimo dei bambini viene consegnato al genitore la candela da accendere al cero pasquale. La frase che accompagna questa consegna è: «Ricevete la luce di Cristo». E dopo la accensione al cero pasquale – il grande cero che viene acceso all’inizio della solenne Veglia pasquale, e simboleggia la luce di Cristo risorto che vince le tenebre della morte e del male, e che viene posto accanto alla vasca battesimale – il sacerdote dice a genitori e padrini: «A voi, genitori, e a voi, padrini e madrine, è affidato questo segno pasquale, fiamma che sempre dovete alimentare. Abbiate cura che i vostri bambini, illuminati da Cristo, vivano sempre come figli della luce». È un compito affidato nei confronti dei bambini battezzati, ma diventa anche impegno personale. Per alimentare la “luce di Cristo” negli altri, e segnatamente nei figli o figliocci, è necessario che questa luce sia presente nella mente e nel cuore, cioè nella vita di chi la deve testimoniare, trasmettere ed alimentare.

Cristo “luce del mondo” oggi

Godere della luce, essere preservati o liberati dalle tenebre, dal buio, è un dono del quale usufruiamo sul piano fisico. È un’immagine che esprime anche una valenza esistenziale, spirituale. Gesù stesso si è definito: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv8,12). Nel Vangelo di Giovanni, si trova la definizione di Gesù, Verbo di Dio, con il termine “Luce vera”: «Veniva nel mondo la luce vera», dice l’evangelista ( Gv 1,9).

Il richiamo a Cristo “luce” nelle celebrazioni liturgiche ha il suo segno simbolo più visibile e solenne nel cero pasquale. La sua presentazione alla comunità cristiana all’inizio della Veglia pasquale, diventa poi presenza, vicino all’altare per tutta la Pasqua, fino a Pentecoste. Poi la sua collocazione è vicino al battistero, per essere acceso durante il Rito del battesimo. Non meno forte è il richiamo che esso rappresenta con la collocazione vicino alla bara in occasione del commiato dei fratelli nella fede, con la celebrazione del funerale cristiano. Qui, nel buio del dolore, di fronte alla tenebra esistenziale rappresentata dalla morte, Cristo si fa presente con la luce della sua umanità-divinità, con la forza della sua parola: «Io sono la risurrezione e la vita». È la luce che illumina sempre la vita del Cristiano. Realtà non facile, all’inizio, da accettare. In seguito, dono della fede, miracolo da tanti sperimentato, da tutti sperimentabile, luce nel cammino della vita.

(continua)

Giuliano Follin