A cura di don Renzo Roncada (solennità del Corpo e del Sangue del Signore - anno A)

La festa della memoria

...un Dio che ci prende per fame e sete e ci raggiunge con un pezzo di pane...

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«Ricordati… Non dimenticare». La pagina del libro della Bibbia intitolato Deuteronomio (che vuol dire: seconda legge) è sottolineata da questi verbi della memoria. Il popolo di Israele non deve dimenticare l’avventura del deserto. Oggi è la festa della memoria. Memoria di ciò che ci fa vivere, del Corpo che ci nutre. Perciò siamo nella gioia, si fa la processione precisamente con il corpo glorioso del Cristo.

Dio ha voluto che la religione fosse una cosa semplice, mettendola alla nostra portata, a portata di mani e di bocca. L’incarnazione è proprio per questo. Soprattutto con l’Eucaristia, Cristo ha messo il suo corpo a nostra disposizione: ascoltate, guardate, prendete, mangiate, bevete. Dio entra in noi attraverso la strada più naturale: quella dei sensi. Abbiamo finalmente un Dio da ascoltare, da gustare. Se voglio comunicare con gli altri, realizzare con loro un solo corpo, come ci ha detto san Paolo nella seconda lettura, devo spezzare e mangiare il pane.

Pensare a Dio sta bene. Raggiungere Dio con preghiere, canti e ragionamenti è normale, ma un Dio che ci prende per fame e sete e ci raggiunge con un pezzo di pane può sembrare quasi una bestemmia.

La prima lettura ci dice ancora: «Dio ti ha fatto provare la fame». Gli ebrei, nel deserto, lo hanno sperimentato e Dio ha provveduto con la manna, figura dell’Eucaristia, ossia del Pane disceso dal cielo che permette di vivere in eterno. Per noi è diverso. Per noi la cosa più difficile è “aver fame”. Il vero problema è come provocare la fame. Molti cristiani prima di accostarsi all’Eucaristia si preoccupano di non essere in stato di peccato, e ciò è bene, ma pochi si preoccupano perché non hanno fame. Si va alla comunione per abitudine, ma manca la necessità, manca la fame.

Oggi per vivere abbiamo bisogno dell’automobile, delle sigarette, del giornale, dello sport, dell’internet. Proviamo almeno oggi a dichiarare: “Io non posso fare a meno dell’Eucaristia, quando ho il pane disceso dal cielo non ho bisogno di altro”.

Ancora la prima lettura dice: «Tutto questo per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore». Anche l’Eucaristia costituisce una prova per il credente. Un cuore arido, freddo, vuoto, senza palpiti di umanità, costituisce la prova più evidente del fallimento dell’Eucaristia. L’Eucaristia è un dono, non un premio. E con questo dono mi ritrovo pieno di capacità, di tenerezza, di generosità.

L’unica salvezza è che tutto questo sappiamo riversarlo sugli altri. Non devo solo rimanere “raccolto” dopo aver ricevuto la comunione, ma sono quelli che mi avvicinano che devono “raccogliere” frutti in seguito alla mia comunione: bontà, speranza, comprensione, gioia… altrimenti anche gli altri, pur con la pancia piena, rischiano di morire di fame.