Maria e Giuseppe sono in cammino, da Nazaret a Betlemme. Ancora una volta senza averlo programmato, ancora una volta devono affrontare un imprevisto. Che lezione per noi!
Dentro a quello che chiamiamo “volontà di Dio” non c’è solo l’angelo Gabriele, che porta l’annuncio a Zaccaria nella solennità del Tempio di Gerusalemme, che poi è inviato a Maria nell’umiltà di Nazaret, piccolo capoluogo di Galilea, che visita Giuseppe nel sonno. Sono eventi straordinari, che potrebbero illuderci che volontà di Dio chiara e visibile sia solo questa. L’illusione è cercare Dio solo nelle cose eccezionali, quelle che sono fuori dal binario di ogni giorno. Ma la volontà di Dio è anche quella che entra ogni giorno nella nostra povera umanità. Prima di tutto la fedeltà al nostro essere uomini e donne, maschio e femmina.
La nostra vita non è regolata da un destino cieco, da un fato inevitabile, o da un meccanismo al quale non possiamo sfuggire. La volontà di Dio è la possibilità, nonostante tutto, di rimanere liberi. Liberi di scegliere il bene anche quando siamo posti davanti alle cose negative della vita. Obbedienti alle cose che ci capitano, cercando di trasformarle in opportunità che ci permettano di servire Dio anche se non ci sembra quella la strada che Egli stesso ci avrebbe chiesto.
Per Maria e Giuseppe dopo il necessario chiarimento, le nozze e i mesi che passavano, è arrivato l’ordine, come per tanti altri, di mettersi in cammino verso le città di origine dei propri avi per farsi registrare per quel censimento che è più volontà di uomini potenti che di Dio. Trovare Maria e Giuseppe in cammino verso Betlemme ci fa riflettere sulla nostra vita, sulle nostre scelte.
Dicevo che la volontà di Dio è fedeltà a quello che siamo: è fedeltà anche al nostro corpo, ai nostri limiti e alle nostre opportunità. Maria è debole, è fragile perché quasi giunta al termine della sua gravidanza. Ma è forte, perché porta in sé un Figlio: principe della pace, consigliere ammirabile, padre per sempre. Ogni donna che porta in sé la vita è foriera di speranza, di mondo che va avanti, di futuro, di pienezza di novità. Giuseppe è l’uomo giusto, lo sposo devoto, il futuro padre consacrato al servizio della crescita di questo bambino, che sarà gloria del popolo d’Israele e Salvatore.
Nonostante la stanchezza, nonostante i piedi gonfi, la fame, i disagi del viaggio, Maria e Giuseppe in cammino per volere umano di contare persone, case, animali per accrescere la potenza, stanno compiendo la volontà di Dio di portare a compimento quello per cui sono stati avvertiti dall’angelo: la nascita del Figlio di Dio.
Nei paesi delle Alpi e non solo, ritroviamo la tradizione dell’annuncio di questa nascita di casa in casa. Accompagnata da canti popolari gruppi di bambini o di giovani bussano di porta in porta cantando la ricerca di un posto per far nascere il Bambino Gesù, oppure già annunciando la sua nascita e l’invito a far posto in casa alla sua Presenza salvatrice. In cambio quelli di casa offrono piccoli doni: cibo e ultimamente denaro, che vengono utilizzati per beneficenza.
La nascita del Figlio di Dio mette in cammino Maria e Giuseppe verso Betlemme, alla ricerca di un luogo per far nascere il Salvatore, e lo trovano non presso gli uomini, ma in una stalla, che poi diventerà mèta di angeli e di pastori e di quei misteriosi uomini venuti dall’Oriente. Mette in cammino ciascuno di noi non tanto verso Betlemme, ma verso gli altri.
La nascita del Salvatore non ci fa adagiare sui nostri problemi, sui nostri piccoli e grandi interessi. Ci fa alzare per cercare la presenza del Bambino Gesù, o per farlo nascere lì dove non avremmo mai pensato di trovarlo. Gesù nasce in un luogo impensato e impensabile, ma questo non gli impedisce di divenire il centro dell’umano pellegrinare su questa terra.
Oggi siamo noi Maria, siamo noi Giuseppe che si mettono in cammino tra le vicende liete e tristi della vita per trovare un luogo in cui far entrare il Figlio di Dio nella nostra esistenza e nell’esistenza di tante altre persone. Un atto di fede, un atto d’amore, un atto di speranza in un mondo migliore, anzi migliorato, non perché si aggiusta da solo o senza il nostro intervento, ma perché noi, ognuno di noi, qui oggi, con la presenza del Salvatore diveniamo altrettanti luoghi d’incontro della salvezza.