Nel 433, due anni dopo il concilio di Efeso, i vescovi dell’Oriente cristiano firmarono un nuovo documento. Dopo una discussione talora anche aspra, bisognava chiarire la posizione di alcuni teologi che, mentre giustamente dichiaravano la divinità del Cristo, avevano però perso di vista la sua umanità. Fu la formula di unione: «Noi quindi confessiamo che il nostro Signore Gesù figlio unigenito di Dio, è perfetto Dio e perfetto uomo, (composto) di anima razionale e di corpo; generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, nato, per noi e per la nostra salvezza, alla fine dei tempi dalla vergine Maria secondo l’umanità; che è della stessa sostanza del Padre secondo la divinità, e della stessa nostra sostanza secondo l’umanità, essendo avvenuta l’unione delle due nature. Perciò noi confessiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore».
Anche noi corriamo il rischio di farci un’idea di Dio da santino… Un Gesù biondo con gli occhi azzurri, bello e lontanissimo come i divi di Hollywood, dimenticandosi della sua umanità. Cristo, come vero uomo ha girato per la Palestina di duemila anni fa, ha mangiato, ha parlato, ha dormito, ha pianto e ha riso; ha trovato rifiuto e accoglienza; venerazione ed insulti. Ricordiamoci che i suoi connazionali, coloro che lo incontravano per le strade della Palestina, non vedevano l’aureola come in certi dipinti o gli angioletti come in certi santini…. Vedevano un uomo. Semplicemente un uomo! Certo, era un uomo sicuramente particolare, un uomo che diceva e faceva cose straordinarie ma, a volte, il modo e il contenuto dei suoi discorsi, le azioni che compiva non erano sufficienti per abbattere i pregiudizi. Proprio a Nazareth, tra i suoi, viene rifiutato…. Restano meravigliati da quello che dice, restano stupiti dai gesti che compie… «Ma chi si crede di essere? lo conosciamo bene questo Gesù»; «È il figlio di Maria, il figlio del falegname» avranno borbottato tra loro i suoi compaesani. Ecco gli steccati alzati, ecco i pregiudizi che hanno la meglio. Non importa cosa tu dica, non importa cosa tu faccia: io di te so già tutto.
In una delle opere più famose del celebre astronomo Galileo Galilei, si legge un episodio esemplare. Egli aveva scoperto, con l’uso del telescopio, le macchie solari. Questa scoperta contrastava però con l‘affermazione di un grandissimo filosofo del passato: Aristotele che aveva sostenuto la perfezione dei corpi celesti. Davanti a delle affermazioni filosofiche tuttavia la scienza mostrava con delle immagini la verità di ciò che affermava: le prove erano lampanti. Eppure uno studioso, Simplicio, giunge a dire: «Quello che mi mostrate sembra così convincente che se Aristotele non avesse scritto teorie opposte, vi crederei pure io».
Vedete allora il pericolo? Siamo cristiani da sempre… Dio non ci può più stupire. Abbiamo i nostri schemi, le nostre idee: Dio deve adeguarsi ad esse. I nazaretani sapevano già tutto di lui, lo conoscevano da sempre, conoscevano i suoi genitori e suoi parenti, l’avevano visto imparare a camminare, cadere e andare a scuola… Non aveva niente da dire loro. E Dio non li costringe a credere, li lascia liberi di convertirsi oppure di restare chiusi nei loro schemi, nei loro pregiudizi. Ha scritto il filosofo Pascal: «Dio non costringe nessuno a credere. Infatti c’è luce sufficiente per chi vuol vedere e c’è penombra sufficiente per chi non vuol vedere». Gli abitanti di Nazareth non vogliono vedere, non vogliono credere a un Dio così semplice, a un Dio che ha accettato di abbassarsi fino a diventare uno di loro. Rifiutano un Dio che si presenta così: povero, umile, ordinario… Eppure Dio è così: vero Dio ma anche vero uomo.
La difficoltà dei suoi contemporanei è anche la nostra; le loro domande sono anche le nostre: ma davvero Dio ci ha amato così tanto? Davvero ha accettato tanto per noi? Può quell’uomo essere davvero Dio?
Siamo capaci di lasciaci stupire da Dio? Cambiare da Lui?
Ogni domenica (ogni giorno se volessimo) lo incontriamo nel pane eucaristico, lo incontriamo nella sua Parola; lo incontriamo nella Comunità che si riunisce per pregare insieme. Lo sappiamo riconoscere? Sappiamo aprirgli il nostro cuore? Per molti pane, parola, Comunità, sono segni troppo deboli per essere vie attraverso cui Dio si rende presente. Molti invece, in tutti i tempi, hanno dato fiducia a questo Dio che si presenta in modo così ordinario. Dice Dio al profeta Ezechiele: «Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio“: ascoltino o non ascoltino, dal momento che sono una genia di ribelli, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».
Il Signore si mostra così, nella debolezza. A Nazareth guarirà alcuni, pochi, ma ad alcuni malati dona la salute: vogliamo essere anche noi uno di quelli?