La volta scorsa abbiamo visto per inciso che l’uso di inaugurare il giubileo con l’apertura della porta santa risale al quinto anno santo, quello del 1423. Un cronista di Viterbo annota, in modo molto scarno, che Papa Martino V «fe’ aprire la porta santa di S. Giovanni in Laterano per l’anno del perdono». Quindi nell’anno santo 1423 esisteva per la prima volta una porta santa e questa nella sola basilica del Laterano.
Anche nei due anni santi, che seguirono (1450 e 1475), la porta santa venne aperta soltanto nella Basilica Lateranense. Il mercante fiorentino Giovanni Rucellai, pellegrino a Roma nell’anno santo 1450, descrivendo nel suo diario le basiliche giubilari, dice che a San Giovanni ci sono 5 porte d’ingresso e «ce n’è una che del continuo sta murata eccetto ché l’anno del Giubileo che si smura per Natale quando comincia il Giubileo».
Che la Basilica del Laterano non avesse più l’esclusiva della porta santa, fu una delle novità dell’anno santo del 1500, dovuta alla decisione di Papa Alessandro VI (1492-1503), il famoso Papa Borgia. Fu egli infatti a normare la liturgia dell’apertura della porta santa, e a inaugurare una consuetudine che rimase stabile nel corso dei secoli. Alessandro VI nella bolla Pastoris aeterni del 22 novembre 1499, stabilì che nella Vigilia di Natale, giorno di apertura del giubileo, si doveva procedere contemporaneamente all’apertura della porta santa nelle quattro basiliche giubilari: San Giovanni in Laterano, San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore. La fretta di approntare la nuova porta per la basilica di San Pietro fu tale che si demolì la bella cappella in cui si conservava il sudario della Veronica.
La più antica spiegazione del valore simbolico e spirituale della porta santa si deve alla devozione popolare: la porta santa del Laterano era (così si era convinti) una porta del palazzo di Pilato attraverso la quale passò Gesù durante il suo processo. Scrive il pellegrino fiorentino Giovanni Rucellai nel 1450: «dicesi che la figura del nostro signore Yesu Christo passò per detta porta … et per detta divotione ciascuno che va al perdono passa per detta porta la quale si rimura subito finito il giubileo». La tradizione devozionale voleva che le quattro porte del pretorio di Pilato si trovassero ora nelle quattro basiliche maggiori. Una tradizione che viene riferita da prelati di Curia, ma che non venne mai avallata dall’autorità ecclesiastica.
Il vero valore simbolico va cercato invece nella Scrittura, in primo luogo in quella lunga spiegazione che Gesù dà di se stesso (Gv 10, 1-18) in cui ripetutamente dice di sé: «Io sono la porta delle pecore». Passare quindi attraverso la porta santa significava esprimere la propria adesione a Cristo, nel quale si trova salvezza.
I richiami alle immagini della Scrittura si moltiplicarono sempre più: la porta viene aperta all’ora di nona (alle 15), alla stessa ora in cui fu aperto il costato di Cristo, dal cui sangue siamo stati lavati ed è nata la Chiesa, l’umanità nuova. Gli ebrei furono salvati dall’angelo sterminatore, perché le loro porte erano tinte del sangue dell’agnello. Così afferma un cerimoniere del Seicento: «e noi Christiani dovemo imaginarci esser queste porte tinte con il sangue del mistico agnello Christo, mediante il quale siamo liberati dalle fauci infernali. E se Dio parlava con Moise alla porta della tenda, Christo parla con noi nel segreto del nostro cuore, mentre con devotione, e con pentimento de’ nostri peccati passiamo per dette porte».
Questa simbologia era espressa nell’elaborato rito, che avremo modo di conoscere nella prossima puntata.
don Claudio Centa
(continua – 6)
Nella foto: Girolamo Paladino, rovescio della Medaglia commemorativa di Alessandro VI, 1664; medaglia di restituzione del sec. XIX; diametro cm 4,4; Museo della Zecca di Roma. Nell’immagine si vede il Papa nell’atto di aprire la porta Santa murata.
(foto museozecca.ipzs.it)