La condizione di emergenza che sta vivendo il territorio

Lettera al presbiterio e alle comunità parrocchiali

Il Vescovo: «è necessario darsi vicendevolmente fiducia»

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Carissimi,

questa lettera nasce nella condizione di emergenza che tutto il nostro territorio sta vivendo con disagio e preoccupazione, ma anche con dignità e con la consapevolezza che, proprio in situazioni del genere, è necessario darsi vicendevolmente fiducia, evitando di discreditare chi sia impegnato a gestire la situazione. Questo atteggiamento va nutrito in particolare verso le Istituzioni della nostra convivenza civile e verso chi le rappresenta. Anzi siamo grati della fatica e della trepidazione che grava su chi ha questa responsabilità.

1. Un ulteriore pensiero scaturisce dalla Parola di Dio di questo giorno di sabato: «Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa […]. La tua gente riedificherà le rovine antiche, ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni» (Is 58,11-12). Poco prima il profeta Isaia indicava anche il nostro impegno in modo che possa corrispondere alla fedeltà di Dio: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore» (Is 58,9-10). Questo messaggio biblico ci aiuta, ci rasserena e ci sollecita in questo momento.

2. Siamo tutti impegnati a venirne fuori al meglio dalla situazione di emergenza. Per questo il Presbiterio – i parroci in particolare – e quanti svolgono dei servizi nelle nostre comunità avranno la premura di attuare al più possibile le disposizioni che l’Autorità civile competente ha dato. Non è stato mai detto “no” alla celebrazione dell’Eucaristia, ma alla modalità particolare che può assumere specialmente alla domenica, quando diventa una manifestazione che determina «significative concentrazioni di persone in luoghi pubblici e privati» e quando «comporta un afflusso di pubblico che esula dall’ordinaria attività delle comunità locali» (cfr. Regione Veneto, «Chiarimenti applicativi dell’Ordinanza n. 1» del 24-02-2020). Queste particolari situazioni, infatti, non permetterebbero di garantire le esigenze sanitarie di non contagio.
Lì dove si celebra l’Eucaristia sia fatto conforme a queste indicazioni.
Ai parroci, soprattutto, chiedo la fatica di aiutare le proprie comunità a vivere il difficile momento presente con queste esigenze di bene comune e con atteggiamento evangelico ed ecclesiale
. È importante, poi, stare in comunione con gli altri confratelli nell’esercizio del ministero, che non è mai un “potere individuale”, ma un dono e un servizio della Chiesa.

3. La vita cristiana ha la sua fonte e il suo culmine nella liturgia, come ribadisce il Concilio Vaticano II in SC 11, ma è altrettanto vero che «la sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa» (SC 9). Ed è proprio questo secondo aspetto che siamo chiamati ad attivare nelle circostanze attuali, seppure in una condizione indotta da un’emergenza di salute pubblica. Non si addice alla situazione che stiamo attraversando la protesta angosciata secondo cui, in questi giorni, ci sarebbe tolto il bene più grande. In realtà il bene più grande è il Cristo con la sua presenza di Risorto e con il suo Spirito. Egli è ben oltre i nostri timori, le nostre paure, le nostre recinzioni mentali, affettive e geografiche, come anche rispetto alle nostre contingenti precarietà… Questo è anche il tempo di riscoprire le verità più profonde della nostra fede, che il Concilio ci ha ulteriormente esplicitato: «Dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS 22).

4. Se non sia possibile partecipare fisicamente alla celebrazione dell’Eucarestia a motivo di un impedimento reale – tra l’altro non voluto – non dobbiamo pensare che ciò offenda Dio o tolga qualcosa a Lui o che noi manchiamo verso di Lui. Se consideriamo la parabola del Samaritano raccontata da Gesù, possiamo riconoscere situazioni di vita che ci inducono a vivere con disponibilità e carità la circostanza anche più difficile, quella pure che ci impedisce di giungere al tempio. A volte si crea un’urgenza da vivere “con carità” e ciò è davvero “compimento della Legge”, come sostiene Paolo.
Fa bene a noi cristiani, come ci ha detto Gesù domenica scorsa nel racconto evangelico, aprirci a questa possibilità: «Se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due» (Mt 5,41). In questi giorni ci può essere una carità che sceglie di condividere la situazione di impedimento a celebrare l’Eucaristia, perché vi sono “concentrazioni significative di persone”.
Certamente lo stile di carità di una vita cristiana è un entrare nel rito di presentazione dei doni (offertorio) con la propria vita e, anche, con i propri sacrifici.

5. Si tratta, dunque, di diffondere e promuovere, in alternativa alla celebrazione dell’Eucaristia, un momento di preghiera che può essere personale, ma meglio se coinvolge la propria famiglia o un gruppo di persone vicine. Si può partire dalla lettura del Vangelo di questa prima domenica di Quaresima. Si tratta del racconto delle cosiddette “tentazioni di Gesù” secondo l’evangelista Matteo (4,1-11). È interessante cogliere in esse alcuni aspetti che si accostano a quanto stiamo vivendo. Comprendiamo che per Gesù – «condotto dallo Spirito nel deserto» – si apre un tempo e un’esperienza in cui Dio è con lui, pur nella tentazione. Si tratta ogni giorno di scegliere ciò che ci è dato in dono: la vita da radicare in Dio per affidarci a Lui (I tentazione), da costruire in libertà e responsabilità non strumentalizzando Dio (II tentazione), da accogliere da Lui per custodirla e condividerla in gratuità (III tentazione). Accanto alla lettura del Vangelo si possono scambiare brevi pensieri e intenzioni di preghiera. Dopo un momento di silenzio, in cui ognuno si raccoglie interiormente, si può prevedere un segno (ognuno traccia il segno di croce sul Vangelo e sul proprio petto corrispondentemente al cuore). Si conclude con il Padre nostro. Questo momento di preghiera è bene svolgerlo in comunione spirituale con le persone ammalate, con chi sta in sofferenza, con gli operatori in questa situazione di emergenza, con papa Francesco e il vescovo e la propria comunità parrocchiale.

Nella giornata di domenica 1 marzo, sapremo probabilmente fino a quando e con quali modalità precise sarà portata avanti per altri giorni questa situazione di emergenza. Per ora, fino a tutto lo svolgersi della domenica, continuiamo con l’impegno che conosciamo.

Lasciandoci condurre anche noi dallo Spirito nei nostri deserti, sosteniamoci a vicenda nell’ascolto della Parola di Dio, nella preghiera e nella carità fraterna.

Belluno, 29 febbraio 2020

+ Renato Marangoni