A cura di don Roberto De Nardin (2ª domenica di Avvento - Anno B)

Ma sei fuori!?

Giovanni è uno “fuori”, perché ha posto altrove il suo centro, non ha scelto nessuna forma di autoreferenzialità

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“Ma sei fuori!?”: espressione comune – non proprio forbita – del nostro parlare che tante volte ci scappa, nell’esprimere generale stupore verso parole e atteggiamenti altrui che escono dal comune sentire, che debordano dalla normalità, che esagerano nelle reazioni. È una forma idiomatica, letteralmente intraducibile in un’altra lingua, che alludendo al comportamento, esprime sorpresa e suggerisce un movimento dinamico tra un “dentro” sicuro, definito e chiaro e un “fuori”, sospetto, incerto, sconosciuto. Qualcosa di simile a un’uscita, fuori, nel deserto…

Con i dovuti distinguo, ecco che questo modo di dire può applicarsi alla figura che, come ogni anno, incontriamo nella seconda domenica di Avvento, vera cerniera tra un prima e un dopo: Giovanni, il Battista. Figura profetica in senso vero: dura, radicale, severa, tutta d’un pezzo; ma soprattutto eccentrica, nel bene; e quindi, attraente. Giovanni è uno “fuori”, perché ha posto altrove il suo centro, non ha scelto nessuna forma di autoreferenzialità che inganna, ma è solo voce di un Altro che grida… fuori, appunto, nel deserto. E questo grido non è altro che un impellente desiderio di salvezza, offerta e gratuita.

È straordinario allora iniziare un nuovo cammino con questo compagno di viaggio che ci aiuta a preparare la nostra via, a raddrizzare i nostri sentieri, a non persegue sempre e solo la strada più comoda, ma sentirci anche noi un po’… “fuori”. Non certo strambi o pazzi – l’ambito religioso ne può produrre già abbastanza – ma decentrati da noi, questo sì. Spinti con forza ad uscire da noi, proprio perchè bisognosi di una salvezza che sa soli non riusciamo a darci! E in questo bisogno ognuno può sperimentare continuamente un nuovo inizio. Colpisce che il vangelo di questa domenica esordisca proprio così: “Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, figlio di Dio”. Marco, nella sua essenzialità, colpisce nel segno e ci riporta al quel “in principio” della Creazione in cui tutto è cominciato. Se c’è un inizio, dunque, significa che c’è movimento, c’è uscita, c’è emersione. Il vangelo inizia, come germoglio che viene alla luce. Senza “se” e senza “ma”.

Tuttavia – sia chiaro -, questo inizio va preparato, va accolto, scegliendo di ascoltare, tra le tante voci che popolano i nostri deserti, quella che davvero promette vie di salvezza. E come Giovanni ci ha dimostrato attraverso la sua esistenza, non sono mai le più comode o le più blasonate. Ma sono le uniche che consolano: inizi di una storia d’amore che per ognuno è personale e irripetibile. Sentiamoci allora anche noi “fuori”, per solcare strade nuove, per sentirci guidati da “un pastore che porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”, per far vibrare in noi quella voce che, dai deserti delle nostre vite spesso piatte e disilluse, ci cava fuori, ci battezza in Spirito Santo, ci immerge nel fuoco del suo amore.