A cura di don Alessandro Coletti (27ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Non perdere il gusto di guardare in alto

«Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore»

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Letture impegnative anche questa domenica. Parole chiare, dirette di Gesù che sono difficili da accogliere nella nostra vita e che perciò siamo tentati di addolcire o di dimenticare rapidamente.

Alcuni farisei vogliono portare Gesù in una disputa cavillosa su quando sia lecito il ripudio; una lista dettagliata di casi, di cause, di distinzioni; i rabbini discutevano per ore: “In questo caso sì, in questo caso no… ma… se”.

Gesù dà una risposta che non lascia dubbi: “Mai!”. La soluzione adottata da Mosè è un ripiego, ma nei piani originali di Dio non era così. Anche allora la risposta di Gesù era incredibile. Marco non riporta la considerazione dei discepoli. Lo fa Matteo. I discepoli dicono: “Se le cose stanno come dici tu conviene non sposarsi”.

Se era una proposta impegnativa allora, tanto più lo è oggi, in un contesto in cui il “per sempre” fa tanta paura e in cui tutte le famiglie sembrano davvero messe alla prova. La tentazione è di abbassare la proposta, di cercare vie diverse. Ma questa non è la via, questa non è la proposta che fa Gesù e forse oggi più che mai è importante che la Chiesa mostri la bellezza e la bontà del progetto divino. La risposta di Gesù è chiara. Ma, potremmo chiederci: “È una risposta crudele o una proposta che vuole il vero bene dell’uomo? È una risposta dura o una risposta sapiente?”.

Sicuramente la proposta di Gesù va letta in un contesto di fede. Chi crede sa che la vita è anche sacrificio, impegno, offerta di sé, in tutti gli ambiti, anche nel matrimonio. Chi crede affronta le prove della vita con la serenità di chi sa che tutto quaggiù è provvisorio, che la vita terrena va letta alla luce della vita eterna.

Però c’è la contestazione di molti, anche nella Chiesa… Guardiamo alla realtà, quante famiglie, anche ottime, sono divise. Quante persone, che sono cristiani migliori di tanti altri – le classifiche sono sempre difficili – si trovano in situazioni familiari irrimediabilmente rovinate. È sempre stato così e oggi più che mai. Non varrebbe la pena allora dire: “Tiriamoci una riga sopra e ricominciamo?”. Il ragionamento sembra stare in piedi eppure nasconde un tranello. Se accettiamo con rassegnazione le situazioni di fatto create dagli uomini si può arrivare ad approvare ogni cosa…

Dagli uomini primitivi in qua, guerre ci sono sempre state… e temo sempre ce ne saranno. Ma allora, visto che sono inevitabili, dovremmo dire che sono legittime? Da Abele e Caino in qui ci sono sempre stati omicidi. Si dice che la prostituzione è la professione più antica del mondo. Furti ce ne sono sempre stati. Quindi perché non chiediamo una legge che approvi furti, omicidi, prostituzione? Sarebbe assurdo evidentemente. Eppure nel campo della famiglia si rischia proprio di seguire la logica dell’assurdo. Cristo non ragiona così.

Ci sono casi in cui la convivenza diventa intollerabile. Ci sono situazioni concrete in cui chi si divide non ha nessuna colpa, anzi è vittima. I casi concreti vanno valutati caso per caso. Papa Francesco nell’Amoris Laetitia dice, tra l’altro, proprio questo. Valutiamo caso per caso, ma teniamo fermo il principio. Perché è importante che i ragazzi che crescono, che i giovani che decidono di sposarsi abbiano in mente orizzonti ampi, mete grandi. Se devo sposarmi con l’idea di stare insieme finché dura, perché mi devo sposare? E infatti quanti si sposano?

La proposta che ci fa il Vangelo non è sorda alle storie di ciascuno; sa quanto il cammino di ogni persona e di ogni coppia sia complesso, sa quanta forza, quanto eroismo a volte, ci voglia per tenere insieme una famiglia. Però ritiene giusto non abbassare il tiro.

Proprio in Amoris Laetitia si legge: «Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è promessa».

Ecco allora l’invito di Gesù a diventare come bambini. Che cosa devono fare i bambini molto più spesso di noi? I bambini devono guardare in alto, per forza. Devono alzare lo sguardo… Così anche noi: guardare in su. Per credere che gli obiettivi del Vangelo, che la santità non sono impossibili. Guardare in su per guardare verso il Signore, colui nel quale possiamo trovare la forza.

Dio ci fa ripartire, ci fa recuperare, superare anche la crisi più buia… Se abbiamo la forza di affidarci, la forza di guardare in su come i bambini, il Signore ci prepara spettacoli straordinari.