Domenica 29 settembre la Chiesa celebra la 105ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Nella chiesa di Mussoi in Belluno alle ore 11.00 sarà celebrata l’Eucaristia, animata dalle comunità di immigrati, mentre sabato 28 alle ore 20.15 si terrà nella sala Muccin del Centro Giovanni XXIII una tavola rotonda con testimonianze su alcuni Paesi guerra e su situazioni di disagio determinate dalla recente normativa.
Papa Francesco ha accompagnato la ricorrenza con un messaggio diffuso con largo anticipo, alla fine del maggio scorso, dal titolo stimolante e provocatorio: «Non si tratta solo di migranti». Sembra che il Papa sminuisca la portata della questione che è al centro della celebrazione, quella dei migranti e dei rifugiati appunto, per parlare d’altro. Ma basta scorrere le poche pagine del testo per rendersi conto che, invece, il tema è posto al suo giusto livello, che è quello più alto, quello della tutela della dignità di ogni persona umana secondo il piano di Dio.
La Giornata cade in un momento interessante per gli sviluppi che si verificano sul piano politico nazionale, ma anche a livello europeo. Il nuovo Governo italiano, formatosi nelle ultime settimane, ha posto in agenda la questione migratoria proprio, mentre è ancora accesa la discussione sugli ultimi arrivi di navi che hanno soccorso migranti in mare, ma anche di gruppi sciolti, persino più numerosi, che arrivano e sbarcano spesso al di fuori dei riflettori. Qualcosa sta cambiando nelle procedure di sbarco – anche se la normativa per ora resta invariata – e nei rapporti con gli altri Paesi europei, con alcuni dei quali si sta concordando una suddivisione dei migranti secondo percentuali prestabilite. Resta alto il clamore mediatico e il confronto a base di slogan sul fenomeno migratorio: basta pensare che oggi la maggior parte degli ingressi avviene attraverso la rotta balcanica, della quale non si parla nemmeno.
Il Papa va al cuore della questione e mette sotto accusa «la tendenza a un accentuato individualismo che, unito alla mentalità utilitaristica e moltiplicato dalla rete mediatica, produce la globalizzazione dell’indifferenza. In questo scenario, i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta sono diventati emblema dell’esclusione perché, oltre ai disagi che la loro condizione comporta, sono spesso caricati di un giudizio negativo che li considera come causa dei mali sociali. L’atteggiamento nei loro confronti rappresenta un campanello di allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro se si continua a concedere terreno alla cultura dello scarto. Infatti, su questa via, ogni soggetto che non rientra nei canoni del benessere fisico, psichico e sociale diventa a rischio di emarginazione e di esclusione». Il Papa sottolinea come proprio dinanzi alle persone più vulnerabili noi possiamo ritrovare alcune dimensioni essenziali della nostra stessa umanità: dunque occupandoci di loro ci interessiamo anche di noi e della nostra crescita, per questo non si tratta solo di migranti: si tratta anche delle nostre paure, si tratta anche della carità e della nostra umanità, si tratta dimettere gli ultimi al primo posto, si tratta in definitiva di tutta la persona e di tutte le persone, si tratta di costruire la città di Dio e dell’uomo.
Questo è in controtendenza con linguaggi e atteggiamenti che oggi sembrano prendere il sopravvento attorno a noi: In questi giorni una ragazza pugliese che cercava casa in Lombardia si è sentita rispondere da una proprietaria di appartamento che lei non affittava a terroni, neri e rom, e che era razzista al 100 per cento! Qualche tempo fa quella persona forse avrebbe cercato una scusa per non affittare …
Tornano di attualità i quattro verbi che il Papa ha già citato nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace all’inizio di quest’anno: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Questi verbi indicano azioni che non riguardano soltanto i migranti o i rifugiati, ma tutti quelli che vivono nelle periferie esistenziali e che se attuate permettono di realizzare “la città di Dio e dell’uomo” e di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile che la comunità mondiale si è data: allora non si tratta solo di migranti, ma “di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana”.
Francesco D’Alfonso, diacono