Nuove espressioni in lingua italiana proposte dal Messale attualmente in uso, sono state oggetto di attenzione in due precedenti articoli. Le riporto come un doveroso richiamo per i lettori: «Fratelli e sorelle… Kyrie eleison…. Pace in terra agli uomini amati dal Signore… Rugiada del tuo Spirito… Padre nostro, Scambiatevi il dono della pace». Queste espressioni sono state presentate nel loro significato e anche nelle motivazioni, che hanno portato a fare delle scelte. Continuo nel richiamare altre espressioni, sicuramente notate dai partecipanti alle sante Messe.
Nella presentazione dei doni
Dopo la presentazione del pane e del vino, e prima di recitare la orazione sulle offerte, il Messale propone quattro formule per l’invito alla preghiera, rivolto all’assemblea. Le parole iniziali, eguali per ogni formula proposta, sono ben familiari: «Pregate fratelli e sorelle, perché…». Il seguito dell’invito è rimasto invariato per la prima formula. Nella seconda proposta l’assemblea è chiamata «questa nostra famiglia». Richiamando la motivazione della presenza l’espressione «radunata nel nome di Cristo» è stata sostituita dall’espressione «radunata dallo Spirito Santo nel nome di Cristo». Qui si vuole esprimere un invito che richiama il mistero della Trinità. Rimane uguale la terza proposta che fa riferimento alla vita dei fedeli: «portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno…». È ancora arricchito il quarto invito dove alla parola «patria» è stato aggiunto l’esplicazione «del cielo». Sottolinea l’aspetto escatologico della vita della comunità cristiana, dove la celebrazione eucaristica è definita «il sacrificio della Chiesa, in questa sosta che la rinfranca nel suo cammino verso la patria del cielo, sia gradito a Dio Padre onnipotente». La risposta dell’assemblea a questi inviti che il celebrante sceglie a ogni celebrazione, è rimasta invariata così come è ben familiare ai partecipanti.
L’invito alla santa Comunione
Dopo che è stato spezzato il Pane consacrato, accompagnato dall’invocazione “Agnello di Dio”, il celebrante presenta ai fedeli l’Eucaristia, invitandoli ad accostarsi alla comunione. Il testo che viene pronunciato è diverso da quello tradizionale. Consta di due espressioni: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo», e subito l’altra: «Beati gli invitati alla cena dell’Agnello». Questa presentazione-invito riceve dall’assemblea la risposta ben conosciuta e rimasta invariata: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato».
La variazione proposta ha un significato. L’Agnello invocato nello spezzare il pane, ora viene indicato subito come colui che invita alla sua cena. Questa parola è preferita a quella finora usata di “mensa”. Anche la sostituzione dell’espressione «mensa del Signore» con la frase «cena dell’Agnello», ha un preciso riferimento biblico. Nel libro dell’Apocalisse si trova l’espressione «Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello» (19,9).
Il congedo dell’assemblea
Nella parte della Messa denominata “Riti di conclusione”, dopo la benedizione dell’Assemblea, c’è l’espressione di congedo. Sono le parole che concludono la celebrazione prima che celebrante ministri ritornino in sagrestia e che l’assemblea si sciolga. Il Messale ora in uso propone sette formule per questo momento. Sono parole da usare come indicate, dato anche la loro varietà.
La prima espressione proposta è «Andate in pace». Segue come seconda proposta «La Messa è finita: andate in pace». Seguono: «Andate e annunciate il Vangelo del Signore», «Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace», «La gioia del Signore sia la vostra forza. Andate in pace», «Nel nome del Signore, andate in pace». A Pasqua è suggerita la espressione: «Portate a tutti la gioia del Signore risorto. Andate in pace». La risposta ben utilizzata dall’assemblea è rimasta invariata: «Rendiamo grazie a Dio».
Da notare come il Messale propone come alternativa alle parole sopra riportate, accompagnata dalla indicazione “oppure in canto”, il familiare congedo in latino «Ite, missa est». Quest’ultima formula è sulla linea scelta dal Messale in lingua italiana, di proporre dei testi, da eseguire in canto, nella lingua latina (Gloria, Credo, Padre nostro, Agnello di Dio). È da notare poi come le frasi di congedo, sono indicazioni “rivolte al popolo” da parte del sacerdote celebrante (o del diacono), e non l’indicazione di un’azione che anche lui farà. Nella celebrazione liturgica è distinto l’uso del “Noi”, cioè qualcosa da fare tutti insieme, e la indicazione, quasi un ordine, dato all’assemblea. Il Messale lo indica chiaramente nelle parole proposte da utilizzare. Quando il loro uso è libero, viene data l’indicazione al celebrante con l’espressione: “Con queste o altre simili parole”.
Il valore della partecipazione al rito celebrato
Ho richiamato alcune espressioni che sono state, nella loro traduzione o nel loro inserimento rispetto alla precedente edizione del Messale in lingua italiana, una novità. Questa comprensione delle motivazioni e del significato di alcune scelte, deve essere non solo conoscenza culturale, ma aiuto a una partecipazione più intensa e profonda al sacro rito. Tutto sempre nel segno della fede che anima l’assemblea che celebra il Mistero e nella varietà e ricchezza dei ministeri che la compongono.
Giuliano Follin
(Fine)