A cura di don Sandro De Gasperi (31ª domenica del tempo ordinario - anno C)

Oggi devo fermarmi a casa tua

Dio ha tempo, tanto tempo da dedicare ai cuori che chiedono di incontrarlo

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Forse è capitato anche a voi di stare in mezzo alla folla e di desiderare di avvicinarvi a qualcosa per vederlo, per ascoltarlo, per comprenderlo meglio. Il Vangelo di oggi comincia proprio con questa situazione di disagio e di desiderio: l’evangelista Luca calca la mano sulla bassa statura di Zaccheo, che sicuramente – data la professione di ricco esattore delle tasse, inviso al suo popolo che lo considerava un venduto all’oppressore romano – gli procurava una serie di prese in giro, di nomignoli cattivi, di battute poco simpatiche. Zaccheo non ha niente da perdere, perché è un uomo solo, isolato, attorniato da amicizie di convenienza e da relazioni puramente utilitaristiche: è un uomo che coltiva il desiderio di autenticità.

Gesù sa cogliere questo anelito, sa sintonizzarsi su questa domanda, inespressa a voce, ma così ben incarnata dal tentativo di salire sul sicomoro per guardare negli occhi il Maestro, quasi a innalzarsi alla sua statura, quasi a mettersi – forse per la prima volta – alla stessa altezza di un altro uomo, come pari. «Oggi devo fermarmi a casa tua!»: non è un passaggio veloce. Dio ha tempo, tanto tempo da dedicare ai cuori che chiedono di incontrarlo: Gesù si ferma a pranzo, si intrattiene a parlare, a capire, ad ascoltare, stringe un’amicizia.

Ed è proprio da questa relazione buona che sgorga la conversione di Zaccheo, che nasce la decisione di restituire il denaro ingiustamente accumulato e di cambiare vita. Spesso, noi pensiamo che sbagliare ci renda meno amabili agli occhi delle altre persone, agli occhi di Dio. Il peccato – che la Scrittura descrive come un bersaglio mancato, un obiettivo fallito – suscita in noi il dubbio che così non possiamo presentarci davanti a Dio, che non siamo degni di accoglierlo in casa nostra, che forse Lui non si accorgerà di noi.

Non è così che si comporta il Padre: la prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, ci conduce nel cuore e negli occhi di Dio, non solo quando siamo buoni, ma soprattutto quando sbagliamo, quando falliamo, quando cadiamo. «Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato. Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita»: la conversione, il radicale e profondo rinnovamento della nostra esistenza non può scaturire che da uno sguardo che sappia accogliere le nostre mancanze.

Zaccheo è tutti noi: il nome richiama alla purezza, a quell’immagine tanto bella e tanto buona che tutti ci affanniamo tanto per curare e dare di noi. Ma dentro, ognuno di noi vive la fatica delle cadute, degli sbagli, degli inganni. E ognuno di noi ha nel cuore il desiderio profondo di essere accolto ed amato così com’è, per essere reso capace di cambiare in profondità.

La fede, ci ricorda ancora il libro della Sapienza, nasce dalla correzione del Signore, che è graduale, che segue la nostra capacità di farla nostra, che procede piano piano.

La Chiesa, comunità di fede, è chiamata a intercettare il desiderio di Gesù, a favorire l’incontro, a prolungare la misericordia: l’amore è un dono reciproco, che ci scambiamo nel ricordo di Gesù, dopo averlo attinto da Lui. «Oggi devo fermarmi a casa tua» è la Parola che ci viene regalata per ricordare che il Signore riparte da una casa, la nostra, da una storia, la nostra, da una comunità, la nostra. Davvero, è oggi.