Siamo in un abbraccio immenso che non vorremmo mai smettere, carico di commozione e in cui riversare un affetto imponente come le grandi montagne dolomitiche che ci attorniano in questa stupenda conca agordina: il caro Leonardo Del Vecchio è rientrato dai “suoi”, una famiglia estesa e un’azienda impareggiabile, intrecciate in queste valli, arrampicate sulle terre alte delle Dolomiti.
Leonardo è entrato nel cuore di questa popolazione e lo sta abitando. C’è un fremito di infinito in questo scambio d’amore. Siamo qui per questo: ad onorare un corpo che, nella sua lunga vita, ha desiderato, voluto, perseguito – attorno al lavoro a cui si è votato – dignità, futuro, sviluppo, benessere, coraggio, intraprendenza per questa amata gente.
La preghiera che ci riunisce, ora in questa liturgia, è un’intima comunione che travalica i limiti della morte. Vorremmo sussurrare a Leonardo i pensieri e i sentimenti che ci attraversano interiormente: un carico di gratitudine che sgorga semplice e umile; ma anche rocciosa, fondata, convinta, mista alla trepidazione che il vivere in montagna suscita, con le fatiche che esso comporta. Leonardo si è realmente appassionato al vissuto di questa nostra gente a cui ha donato l’arte e il genio del suo essere “lavoratore eccezionale”, a rincorrere e raggiungere sempre un “di più” e un “meglio”.
In questo intimo colloquio con lui ora vorremmo confidargli quelle stesse parole che poco fa l’evangelista Matteo ci ha riportato in forma di una piccola ma efficace parabola narrata da Gesù.
Ci rivolgiamo a te, Leonardo, e ti chiediamo: ma come è possibile che un seme simile a un granello di senape – il più piccolo di tutti i semi – seminato in un campo, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante, diventato «un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido tra i suoi rami» (Mt 13,31-32)?
È la parabola di vita che tu hai condiviso con noi qui. Mirabile questa immagine dell’albero tanto grande dove gli uccelli del cielo possono fare il loro nido! È una verità di vita che, con te e con la passione che hai riversato e donato in tale semina e crescita, è stato possibile che, da sogno e ideale, diventasse realtà. Sì, ed è diventata anche la “parabola dell’occhiale”!
Agli inizi degli anni sessanta eri un “granello di senape”, trovando un’accoglienza e una disponibilità intense qui in queste terre alte, in coloro che, giorno dopo giorno, sono diventati come una grande famiglia, oltre che grande azienda. La nostra presenza qui oggi, in questa celebrazione, è come quei nidi fatti tra i rami di cui narra la parabola: non smetteremo di raccontare questa tua parabola di vita. È inscritta in queste valli e nelle sue montagne!
Oggi siamo qui con la tua famiglia, a cui va un abbraccio di ammirazione e gratitudine, e con tutti coloro che ti sono stati collaboratori – e tuttora lo sono – in questa semina coraggiosa e in questa crescita tanto grande. La tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi collaboratori, tutti coloro che hai accolto nel lavoro… testimoniano il “di più” a cui hai sempre puntato, raccogliendo la gioia e la soddisfazione di un frutto tanto evidente.
Ci piace riconoscere te e la sapienza del tuo lavoro nelle parole del libro biblico dei Proverbi che abbiamo ascoltato: «Beato l’uomo che ha trovato la sapienza, l’uomo che ottiene il discernimento: è una rendita che vale più dell’argento e un provento superiore a quello dell’oro» (Pro 3,13-14).
A tutti noi, alle istituzioni, a chi ha responsabilità nel mondo del lavoro, dell’economia e della finanza, a chi è chiamato e votato al compito politico e amministrativo, immaginiamo – carissimo Leonardo – che tu stesso consegni l’appello dei Proverbi, proclamato nella prima lettura, a cui tu con creatività e intraprendenza hai cercato di corrispondere: «Figlio mio, custodisci il consiglio e la riflessione né mai si allontanino dai tuoi occhi: saranno vita per te. […] Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: “Va’, ripassa, te lo darò domani”, se tu possiedi ciò che ti chiede».
Ora il nostro pregare, in questa celebrazione, sfonda su un’altra storia di bene – grande, tanto grande! – entra in essa e la abita: quella di Gesù Cristo. Ai suoi discepoli nell’Ultima Cena disse: «Fate questo in memoria di me».
È la vita che dal piccolo seme del bene diventa un albero di vita e di amore, dove porre i nostri nidi.
Caro Leonardo, le parole di Gesù sono anche un segreto che tu porti nel cuore, sono nel sogno che tu hai perseguito, stanno nel bene che hai seminato e fatto crescere e sono anche ciò che apre alla speranza le nostre comunità e le nostre famiglie. Inoltre, nel tuo sguardo lungimirante, apriamo e riversiamo – non poco preoccupati – il nostro impegno di speranza, oltre ogni confine, come tu ti sei lanciato nel mondo.
Semplicemente e di cuore con te, alzando il nostro sguardo, preghiamo con il salmo già proclamato, affidandoci alla Sorgente della Vita: «Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza; io spero in te tutto il giorno» (Sl 25).