a cura di don Ezio Del Favero

53 – La roccia della sfida

Non lontano da un Castello, ancora oggi si trova una roccia particolare, che ha le sembianze di un diavolo inginocchiato

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Non lontano da un Castello, ancora oggi si trova una roccia particolare, che ha le sembianze di un diavolo inginocchiato.

La leggenda racconta che il Duca, signorotto del Castello, fosse un grande cacciatore.

Per mantenere la cacciagione all’interno del proprio territorio, il signorotto pensò di costruire un enorme bastione che circondasse la sua tenuta. Ma il costo della realizzazione era esorbitante. Non poteva certo spendere così tanto per una semplice passione!

Il diavolo, avendo sentito parlare di quel desiderio appassionato, un giorno si presentò al cospetto del Duca e lo tentò lusinghiero: «Signore, io conosco il vostro desiderio così bello e così grande. Vi propongo di costruirvi gratuitamente l’enorme muraglia».

Il Duca intuì che l’offerta celasse una trappola, ma lasciò parlare il diavolo. «Non vi chiederò nulla di terreno, ma semplicemente la vostra anima!». Il tipico contratto satanico del diabolico mercante!

Il signorotto desiderava davvero il bastione, ma la dannazione eterna sarebbe stata un po’ troppo! Così inserì nell’accordo la seguente clausola: «Dovrai costruire la muraglia in tempo record!». Il diavolo, sicuro di sé, rispose: «Naturalmente vostra maestà!». Il Duca precisò: «Io salirò sul mio cavallo e girerò attorno alla mia tenuta. E se, alla fine del giro, il muro non fosse ancora terminato, non ti dovrò nulla, meno che meno la mia anima!». «D’accordo, come vuole vossignoria!», commentò il diavolo, sicuro di vincere la sfida.

Mentre il Duca sellava il suo destriero, il diavolo chiamò uno spirito malvagio suo complice, una specie di Troll che infestava i pascoli di montagna, e gli chiese di iniziare subito la costruzione della muraglia. Oltre a ciò, il diavolo chiamò decine di diavoletti per aiutare lo Spirito malvagio e il muro cominciò a essere costruito a una velocità folle.

Il signorotto salì sul cavallo e lo spronò. Il destriero galoppava al massimo, mentre il muro veniva costruito a folle velocità. I diavoletti erano davvero abili, tanto che la sfida sembrava persa per il cavaliere.

Tuttavia, un attimo prima che l’ultima pietra congiungesse le due estremità dei bastioni, il destriero fece un prodigioso balzo e riuscì a completare la sua folle corsa, mentre un ciuffo di peli dalla coda del cavallo si bloccava tra le pietre.

Era stata la divinità a intervenire dopo aver assistito alla sfida? Oppure era merito della potenza dell’angelo custode del Duca? Chissà! Fatto sta che il signorotto, che all’inizio aveva fatto benedire il suo cavallo, vinse la sfida e si trovò con la muraglia costruita e senza spendere un solo denaro.

Il diavolo, dal canto suo, si arrabbiò in maniera infernale e spedì lo spirito malvagio con un grande calcio sulla collina accanto. Costui atterrò a quattro zampe, con la testa a terra. Il diavolo lo pietrificò così, in quella posizione, per l’eternità.

Fu così che ebbe origine la Roccia Forata, che rappresenta lo spirito malvagio pietrificato dal diavolo.

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La parabola – raccolta in Francia – racconta l’origine di una roccia speciale, una curiosità geologica (vicina al Castello di Vizille, a sud di Grenoble), con le sembianze di un Troll a quattro zampe, la schiena rotonda e la faccia rivolta a terra. La leggenda evidenzia l’atavica lotta tra bene e male e l’eterna tentazione di ottenere qualsiasi beneficio in cambio della propria anima.

Vangelo di Matteo 16,26: «Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?».

Una leggenda simile si racconta a Verona.

Un nobile, miscredente e senza pietà nei confronti degli altri, a causa dei suoi delitti fu condannato alla decapitazione. Ma il signorotto tanto supplicò il perdono, che gli fu proposto: «Sarai graziato se, in una sola notte, costruirai un edificio capace di contenere tutti gli abitanti della città!». Impossibile! Eppure il condannato accettò la sfida. Si rivolse al diavolo, il quale accettò di aiutarlo in cambio della sua anima, ovviamente. «Però – precisò il diavolo – noi diavoli possiamo rimanere sulla terra solo dal suono del Vespro a quello dell’Ave Maria del mattino».

La sera stessa, dopo il Vespro, decine di diavoli si misero a lavorare con accanimento, pietra su pietra, gradino dopo gradino, senza mai fermarsi. Il primo girone era ormai completato e così iniziarono il secondo, più alto, ma già la luce dell’alba sbiancava l’orizzonte. Al suono dell’Ave Maria i diavoli dovettero abbandonare l’opera, che restò incompleta.

Il signorotto, non avendo completato l’edificio, subì il patibolo, ma pentitosi salvò l’anima. Mentre la città di Verona, grazie al diavolo, ebbe la sua colossale Arena.