Siamo un popolo sacerdotale. Questo lo capiamo attraverso le letture che abbiamo ascoltato. La prima lettura ci parla di Mosè che riceve l’incarico di proporre al popolo un’alleanza con quel Dio che aveva dimostrato di amare tantissimo il suo popolo, liberandolo dalla schiavitù dell’Egitto: «Ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me». Se il popolo ascolterà la proposta di Dio diventerà: «Un regno di sacerdoti e una nazione santa». A questo privilegio del popolo fa eco il salmo 99 che proclama con gioia l’esperienza di essere popolo di Dio: «Il Signore è Dio, egli ci ha fatti, noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo».
Anche nel Vangelo si parla di elezione, di gregge: «Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione». Gesù prova dolore per il dolore del mondo, perché si accumula nel mondo un grande raccolto di stanchezze, spighe piene di lacrime. Come il grano ha raggiunto il colore del pane, così il patire dell’uomo ha raggiunto il cuore di Cristo. Ed ecco la risposta: un sentimento di compassione che si trasforma subito in pietà e tenerezza. Questo apostolato, Gesù lo affida ai sui discepoli: aver cura di greggi e di messi, di dolori e sofferenze, di un mondo sempre più barbaro e pur sempre magnifico.
Ma prima di inviarli, invita i discepoli alla preghiera: «Pregate il signore del raccolto, perché mandi operai nei campi da mietere». Noi interpretiamo subito queste parole come un invito a pregare per le vocazioni sacerdotali. Ma l’invito di Gesù dice molto di più: è offrirmi a Dio perché mandi me come operaio della compassione, mandi me con un cuore di carne a piangere con chi piange, a soffrire con chi soffre, mandi me con mani che sanno sorreggere e accarezzare e trasmettere così la forza di Dio. Questo ce lo ha suggerito la preghiera fatta all’inizio della messa: «O Padre, che hai fatto di noi un regno di sacerdoti…».
Sentiamoci, quindi, tutti coinvolti nella missione che Gesù ha affidato agli apostoli: «Strada facendo», cioè camminando nella normalità della nostra vita sapendo che Dio con il suo amore gratuito ci segue passo passo, tenendo sempre presente le ultime parole di questo Vangelo: «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».
Termino con la nota massimamente positiva del Vangelo. La messe è abbondante, non solo qualche spiga. Noi diciamo: siamo in pochi, le chiese sono semivuote. Gesù vede altro: molto grano che cresce e matura, vede che il seme è buono, il terreno e l’uomo sono buoni. Dio guarda e vede che ogni cuore è una zolla di terra ancora adatta a dare vita ai suoi semi divini che in noi crescono dolcemente e tenacemente, come il grano che matura al sole.