Il ricordo di padre Romano Bottegal
Giovedì 27 settembre si parte di buon mattino, in direzione Roma. La prima tappa è alla Basilica delle Tre Fontane che, secondo la tradizione, sorge sul luogo dove venne decapitato l’apostolo Paolo. La sua testa, toccando tre volte il suolo, avrebbe fatto scaturire tre sorgenti come ultimo prodigio: di qui il nome “Tre Fontane”. Per la nostra diocesi è occasione per ricordare il venerabile padre Romano Bottegal: nato a San Donato di Lamon il 28 dicembre 1921, a 12 anni entrò in seminario a Feltre, per poi passare a Belluno, dove ebbe per insegnante don Albino Luciani. Durante gli studi maturò la vocazione monastica. Ordinato prete il 29 giugno 1946, visse per 15 anni nella Trappa delle Tre Fontane a Roma. Chiamato a una solitudine più profonda, per un paio di anni sostò nel Monastero di Latrun in Terra Santa, dal 1964 si fece eremita a Jabbouleh in Libano. Si spense il 19 febbraio 1978, in concetto di santità: è stato dichiarato venerabile il 9 dicembre 2013.
A seguire la visita alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura. Anche qui – se vogliamo – c’è un piccolo legame con la nostra terra: la prima consacrazione, dopo l’incendio del 1823, avvenne ad opera di Gregorio XVI, che il 5 ottobre 1840 dedicò solennemente l’altare della Confessione.
Nelle Grotte Vaticane
Venerdì 28 settembre, al mattino, la celebrazione eucaristica nelle Grotte Vaticane, davanti al sepolcro di san Pietro, presso la tomba di Giovanni Paolo I. Presiede il vescovo Renato, attorniato da don Christian Mosca, don Diego Puricelli (fresco di esame di Licenza all’Università Gregoriana), don Giorgio Aresi, don Giuseppe Bernardi e don Moreno Baldo. Al termine della celebrazione sosta e preghiera alla tomba di Giovanni Paolo I.
Nell’omelia il Vescovo, prendendo spunto dalle letture del giorno, rileva che «la Parola di Dio racconta anche il cammino di vita e di fede di Albino Luciani. La verità della nostra vita è custodita dalla Parola di Dio così come in essa accogliamo il dono del suo darsi a noi. Che cosa ci racconta di Luciani? Proprio quello che ha detto il Qoèlet: “C’è un tempo per… e un tempo per…”. Luciani ha attraversato situazioni diverse e anche contrapposte, ma sempre le ha vissute come tempo nel quale affidarsi a Dio. Non ne conosciamo la ragione perché la può custodire solo Dio. Papa Luciani si è lasciato sempre custodire da Lui. Non ha preteso “sapere” definitivamente la sua vita. Si è fidato».
Il Vescovo ha quindi ricordato l’episodio occorso durante l’ultima udienza del mercoledì, il 27 settembre di quarant’anni fa: un uomo, in un momento di pausa della catechesi, gridò: “Le auguro una lunga vita!”, suscitando gli applausi della folla. Mancavano 30 ore al supremo incontro con il Signore! «Vita e morte: entrambe le situazioni papa Luciani deve averle vissute senza pretese, solo fidandosi… Ecco perché era attento ed entrava in tutte le problematiche del suo tempo». Nella stessa ultima catechesi, dedicata alla carità, papa Luciani citò con emozione un passo della Populorum Progressio di Paolo VI: «Noi ricordiamo tutti le grandi parole del grande papa Paolo VI: “I popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La Chiesa trasale a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello”» (PP 3).
Un altro pensiero veniva dal Vangelo, che è la pericope che viene letto quando il vescovo di Roma inaugura il suo ministero, l’episodio di Cesarea di Filippo, che nell’occasione era proposto dalla Liturgia secondo il vangelo di Luca. «Gesù interroga i discepoli su ciò che dicono le folle. La nostra fede non è “individuale”, perché non nasce da noi, ma ci viene donata. Noi dipendiamo dal credere altrui. Luciani era ben consapevole di questo Luciani. Gesù ci interroga ancora su che cosa e come credono le folle e sul nostro rapporto con loro. Poi però arriva il passaggio dell’intimità: E voi? E tu?… Questo è il “filo rosso” seguito da Gesù. All’Angelus del 24 settembre, l’ultimo del Pontificato, papa Luciani disse: «La regola d’oro di Cristo è stata: “Non fare agli altri quello che non vuoi fatto a te. Fare agli altri quello che vuoi fatto a te. Impara da me che sono mite e umile di cuore”».
Però «non basta sapere di Gesù. Lui invita a tenere il segreto, perché ci consegna la realtà della sua vita e non informazioni su di lui: patirà, sarà ucciso, risorgerà… Ecco dove siamo salvati: nel suo reale vissuto dato a noi. Non sul “sapere” di lui». Don Albino, che era dottore in teologia, che aveva insegnato tanto sul mistero di Dio, soprattutto «viveva in questo rapporto con Lui».
Pienza e Sansepolcro
Dopo la celebrazione, un tour lungo le strade di Roma, con il Vescovo nel nuovo ruolo di guida turistica. Poi il trasferimento a Pienza, in Val d’Orcia, dove nacque Enea Silvio Piccolomini che, una volta divenuto papa Pio II, volle trasformare il piccolo e natio borgo medioevale di Corsignano in una città in stile rinascimentale, cambiandogli anche il nome in Pienza. Oggi (sabato 29 settembre) la visita di Sansepolcro, cittadina che ha dato i natali a Piero della Francesca di cui si ammirerà il meraviglioso affresco della Risurrezione. Poi il rientro a Belluno.
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