14.ma domenica del tempo ordinario - Anno A

Prendete il mio giogo

a cura di un parroco di montagna

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Gesù si ritrova solo con il Padre, dopo un periodo frenetico: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli».

Gesù è solo con il Padre e con il piccolo gruppo dei suoi. Il bilancio di quel periodo di missione non pare esaltante. Nonostante le folle, i segni e gli indici di ascolto, Gesù ha l’impressione di aver fatto un buco nell’acqua: «Guai a te Corazin, guai a te Betsaida».

I capi religiosi restano accecati e sordi al messaggio, irritati della sua predicazione in favore dei poveri.

Gesù si rivolge al Padre e lo esalta a motivo di questa sua predilezione per gli umili e i piccoli. I segreti di Dio e del Vangelo sono tenuti nascosti ai dotti e ai sapienti. Sono svelati invece ai piccoli. Diciamo subito che questi “piccoli” non sono i bambini. Essere piccoli e umili non vuol dire neanche essere ignoranti, anzi vuol dire che ci si rende conto di aver ancora tanto da imparare, da ascoltare e da capire. “Piccolo” qui non si oppone a adulto, ma a sapiente e colto. Gli uomini senza cultura erano disprezzati dalle élites religiose. I contadini della Galilea erano considerati ignoranti dai dottori della legge e dai farisei: essi dicevano che per questo non potevano sfuggire al peccato. Dicevano che «un uomo dei campi non può essere di Dio».

Gesù si rivolge al Padre e guarda i suoi: «Tutto mi è stato dato dal Padre»… Nessuno conosce il Padre tranne lui. I piccoli hanno il privilegio di conoscere l’unico rivelatore del Padre, quello esclusivo, e il piccolo gruppo ha la fortuna di ascoltarlo.

«Venite a me voi che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò. Imparate da me che sono mite e umile di cuore…». Imparare dal Maestro e seguire il Maestro: ecco la figura esatta del discepolo e del cristiano. Si tratta di imparare dalla persona di Gesù, standogli vicino, piuttosto che apprendere vasti programmi di leggi e prescrizioni, stressanti da applicare, come facevano i seguaci dei rabbini.

«Troverete ristoro…». Questo ristoro è una nuova esperienza di Dio. C’è un salto di qualità già nella vita presente, quello che Gesù propone. Il ristoro non è solo il premio finale. Non si parla dell’«eterno riposo», ma di un riposo e di un sollievo per la fatica di vivere.

Vale per chi si preoccupa di tante cose e ha paura di non arrivare dappertutto. Sembra detto a noi che veniamo fuori dal riposo imposto dalla pandemia e, anziché essere riposati, siamo forse più stanchi e preoccupati. Troverete ristoro…

«Prendete il mio giogo…». Il giogo si porta in due. Chi è in coppia con noi? Non è forse Gesù stesso?

«Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero». Come può essere, se Gesù ha fatto il perfezionamento della Legge? Se esige una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei? Eppure Gesù ha ricondotto al centro la religione e le osservanze varie: il centro è la carità che rende tutto più leggero e più lieto.

Il carico di Gesù è leggero perché non viene prima la legge, ma viene prima la grazia. Il dono del Figlio, e la gioiosa notizia che Dio ci ama fino a questo punto, alleggerisce il giogo. Rispondere all’amore, viene spontaneo e facile.

Il giogo di Gesù è facile anche perché lui è un maestro che rimane coi suoi tutti i giorni. Non è uno che insegna e poi dice “Andate!”, ma promette: «Io sono con voi».